Nasce il presidio domese “Roberto Antiochia”

di Valentina Aiello

13febbraiodomodossolarelatoriÈ con il primo evento dei “Cento Passi” verso il 21 marzo che il neonato presidio domese di Libera si è presentato per la prima volta alla cittadinanza.
Il gruppo, composto da giovanissimi studenti del liceo Giorgio Spezia di Domodossola, ha deciso di dedicare il suo impegno a Roberto Antiochia, poliziotto ucciso dalla mafia il 6 agosto del 1985. Ed è assieme al fratello Alessandro Antiochia che, la sera del 13 febbraio a Domodossola, hanno voluto raccontare la sua storia. Tenutosi presso la cappella Mellerio, l’incontro ha visto la partecipazione di molti cittadini domesi.

La referente del presidio Ilaria Costanzo ha così aperto la serata:
«Siamo molto contenti e emozionati, iniziamo questo percorso sperando di essere all’altezza dell’esempio che è stato Roberto Antiochia. Lui si è assunto una responsabilità enorme, che nessuno gli aveva chiesto di prendersi, e lo ha fatto perché credeva nel valore della giustizia. E noi vogliamo credere proprio in questi valori».

Poi è stato il turno del sindaco di Domodossola Mariano Cattrini, che si è dimostrato fiducioso e orgoglioso della nascita del presidio.

13febbraiodomodossolapubblicoDopo di lui, il referente di Libera VCO Eugenio Bonolis ha riportato l’attenzione sull’importante ricorrenza di quest’anno, nel quale ricorre il ventennale della fondazione di Libera. Quest’anno, la XX Giornata della Memoria e dell’Impegno di terrà per le vie di Domodossola, la sera di venerdì 20 marzo.

Quando la parola passa a Alessandro Antiochia, traspare tutto il dolore di un familiare di vittima che, faticosamente, può anche trasformarsi: «Il dolore della morte di mio fratello è diventato gioia tramite Libera». Alessandro, responsabile di Libera Memoria nel Lazio, ha ricoperto un ruolo fondamentale nel percorso di Libera, in particolare assieme alla mamma Saveria. È un familiare che è riuscito a volgere la sua sofferenza in impegno affinché tragedie come quella di Roberto non si verifichino più. Perché la morte di suo fratello non risulti vana.

La storia di Roberto Antiochia cambia radicalmente quando, a diciotto anni, entra volontario nel corpo di Polizia di Stato. A diciotto anni aveva già deciso che avrebbe dedicato la sua vita alla lotta contro la criminalità, in particolare dopo aver visto morire una sua giovane compagna di scuola per overdose. Quando poi nel 1983 viene trasferito a Palermo, affianca il commissario Beppe Montana nelle indagini contro Cosa Nostra. Il 28 luglio 1985 Montana viene assassinato dalla mafia con sette colpi di pistola, tutti sul volto. Era un segnale chiarissimo: il commissario aveva “visto” troppe cose. Ma Roberto non si ferma, neanche davanti a questo terribile avvertimento: sceglie di diventare agente di scorta volontario di Ninni Cassarà, a quel tempo privo di protezione.
Ed è proprio per proteggere il vice questore che Roberto morirà, il 6 agosto 1985. Sotto il portone della casa di Cassarà infatti, quella sera c’erano nove uomini appostati sulle finestre della palazzina di fronte. Quando Roberto esce dalla macchina, i killer lo uccidono sul posto con 107 colpi di kalashnikov, mentre feriscono gravemente Ninni Cassarà, che morirà pochi minuti dopo, tra le braccia della moglie accorsa per aver sentito gli spari.

Da quella sera del 6 agosto 1985, né Alessandro né mamma Saveria sono stati più gli stessi. Da quella sera, è iniziato un percorso di ricerca della verità, un percorso di impegno nelle scuole, nel movimento “Società Civile” e in quello di Libera, che grazie al loro contribuito ha posto le basi per diventare quello che è ora. Per Alessandro, la lotta alla mafia è diventato un dovere civile, una battaglia che non deve fermarsi mai.

«Non è facile, ma non è nemmeno impossibile»
ha detto «se le armi della mafia sono i proiettili e il sangue, anche noi abbiamo le nostre armi: i nostri proiettili sono le parole».

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