di Gigi Bacchetta
Tonio Dell’Olio, responsabile del settore internazionale di Libera, stimola: «Le mafie sono un’organizzazione capitalista globalizzata».
Utilizzando la distorsione sempre più perversa di un sistema finanziario deviato dai propri obiettivi originari, le operazioni di investimento, occultamento e riciclaggio hanno assunto forme, metodologie applicative e finalità diverse tanto da lasciare in secondo piano la concezione di mafia classica – legata alla forza data da una presenza territoriale – per una nuova versione di “mafia holding internazionale“.
Per questo motivo ritengo indispensabile un inserimento nella discussione quotidiana di Libera dell’approfondimento delle tecniche di contrasto di questa evoluzione a partire proprio dalla definizione sottopostaci.
Capitalista: non basta più agire unicamente su di essa, attaccarne gli aspetti prettamente organizzativi senza tenere in considerazione il sistema che l’ha portata a questo grado di sviluppo. Così come un suo eventuale debellamento non eliminerebbe il rischio di una rigenerazione in nuove forme, meno territoriali e visibili, ma più economiche e irrintracciabili. Cercare una soluzione a questo punto significa cercare una “soluzione al sistema economico”: il che non è più da ritenersi campo a sé stante ma al contempo humus e cielo dove le piante infestanti riescono a rovinare l’equilibrio naturale e, in quanto tali, devono divenire obiettivo fondamentale verso cui indirizzare formazione, discussione e rielaborazione.
Globalizzata: il rischio a cui stiamo andando incontro è quello di concentrare le nostre forze prettamente su dinamiche nazionali. Cioè, riprendendo famosi slogan: stiamo agendo localmente e pensando globalmente contro una forza che riesce a pensare e agire localmente e globalmente allo stesso tempo. Non possiamo permetterci di accumulare ulteriore ritardo.
A poco servirebbe, a questo punto, rivolgere un appello a organi nazionali. Necessario sarebbe invece un recepimento di istanze da parte degli organismi sovranazionali, tutti, altrimenti ogni sforzo verso questa direzione risulterebbe inutile.
Una regolamentazione protratta dal singolo paese non solo risulterebbe inutile ma aggraverebbe la situazione; da qui la necessità di rendere globale la lotta contro un operatore globalizzato.
Se così non fosse andremmo a osservare l’acutizzarsi di particolari fenomeni: di fronte a interventi normativi migliorativi e più stringenti in materia di riciclaggio da parte di un Paese ne esisterà un altro che otterrà vantaggio dal fenomeno del free riding; riceverà sostanzialmente i capitali non investiti o addirittura disinvestiti dal Paese virtuoso. Banalmente, il Free Rider manterrà il segreto bancario, gli “investitori criminali” andranno via dal Paese virtuoso che ne limita la segretezza e, così facendo, lo priveranno di capitali.
Conseguenze alternative di tutto questo saranno:
– primo, un passo indietro da parte del Paese virtuoso – nell’ottica definita di competition in laxity – per riattrarre capitali sporchi ricreando al contempo i costi sociali che il possedere nel proprio Stato un’economia criminale comporta;
– secondo, un aumento ulteriore della regolamentazione del Paese virtuoso cercando di incidere maggiormente sull’economia sommersa, il che sarebbe un azzardo per i costi che un miglioramento di normativa comporta in termini eterogenei (dall’azienda allo Stato) di formazione del personale, operazioni militari, limitazione nella concessione di crediti, fuga di capitali, crollo degli investimenti ecc…
Ora: come possiamo indirizzare la nostra volontà d’incidere nel panorama nazionale senza tenere conto di tutto questo? Quando avremo modificato il panorama nazionale come faremo a incidere ulteriormente? Il 19 marzo a Genova, nel corso della Giornata in ricordo delle vittime delle mafie, si parlava nel seminario “Mafia e colletti bianchissimi” di come, anche solo in Europa, le risposte al tentativo di inserire argomenti di questo tipo nella discussione comunitaria siano di disinteresse e profondamente immature – come «da noi la mafia non esiste». Figuriamoci proporre la riflessione al resto dell’economia globale.
Per questo Libera deve raggiungere l’obiettivo di morire a risultato ottenuto lavorando soprattutto su canali diversi, con il lessico e il dialogo di chi si oppone al sistema economico e sociale, mantenendo aperto il contatto con i meccanismi tisici con cui ha imparato a misurarsi ma guardando sempre oltre e senza esaurirsi dopo quelle che potrebbero essere vittorie di Pirro. Cerchiamo di non morire invano.