di Giulia Rodari

L’ostile e violento mese di agosto ha trattenuto con sé qualche altro postumo del caso Giacomini e spasimo della lotta all’evasione fiscale, evidente sintomo di un’economia malata. E di nuovo droga, di nuovo cosiddetti “reati spia”.

Anche il consulente finanziario trevigliano Alessandro Jelmoni ottiene gli arresti domiciliari, «accusato di riciclaggio e concorso in evasione coi Giacomi», su cui da maggio 2012 pende l’ipotesi di coinvolgimento in un altissimo livello di criminalità economico-finanziaria.
Secondo gli inquirenti, «attraverso la sua attività di broker e la gestione di due società lussemburghesi (Giacomini Trust e J&Be), il “faccendiere” avrebbe contribuito a creare un giro di fatture false, riciclaggio ed esportazione illegale di capitali all’estero», gestendo «il trust lussemburghese dei Giacomini, sorta di cassaforte estera nel cono d’ombra del fisco italiano».
Oltre a loro, sono 24 i soggetti indagati, tra cui il senatore della Lega nord Enrico Montani, «accusato di aver svolto attività parlamentare […] in cambio di favori, anche economici», e l’ormai ex sottosegretario del governo Monti, Andrea Zoppini. Questo, «avrebbe aiutato i titolari della Giacomini Spa a realizzare la frode fiscale internazionale con una consulenza per la quale il giurista sarebbe stato ricompensato con 800 mila euro in nero su conti esteri».

Pochi giorni di intensi controlli trasversali contro l’evasione fiscale.
Da alcune indagini in ristoranti del Vco emerge un’evasione di 1,4 milioni di euro; locali con una bassa redditività se non in perdita, in alcuni casi, che in realtà nascondevano al fisco ricavi fino a 150mila euro.
Un altro controllo, questi i numeri: quasi 2 milioni di prodotti pericolosi sequestrati, 12 esercizi commerciali in cui sono state riscontrate irregolarità nell’emissione di scontrini, un albergo a cui sono state contestate 286 fatture dell’ultimo anno, quindici controlli patrimoniali avviati nei confronti di proprietari di macchine di lusso.
L’ultimo, in nove cantieri tra Omegna e Gravellona, evidenzia undici violazioni con quattro persone denunciate.

Non mancano i reati legati alla droga.
In due settimane, a controlli su treni che transitano dal Sempione e su traffico automobilistico di confine seguono una denuncia e tredici segnalazioni, seppur per ridotte quantità.
Si aggiunge a Omegna l’arresto di uno straniero per detenzione di oltre 5 etti di hashish e spaccio.
Un altro paio di giorni dopo, la perquisizione di una casa in via Ruga a Pallanza e l’arresto per detenzione di 8 etti di marijuana e quasi 2 etti di hashish.

Qualche ultimo episodio di illegalità cavalca l’onda della cultura mafiosa.
Sull’isola Pescatori, nell’immobile di un 24enne, sono rinvenuti «componenti di base, alcuni macchinari per la miscelatura e un’ampia documentazione, in parte scaricata da Internet, sui processi di preparazione degli esplosivi». Tutto parte da quando un’esplosione sull’isola, a inizio mese, un mercoledì mattina intorno alle 10, distrugge l’interno, frantuma i vetri, divelle la porta di quell’abitazione e alza una nuvola di fumo.
A maggio dello scorso anno delle auto bruciano, «chiaro segnale per intimidire», ma la vittima denuncia. Il mandante si scopre essere Francesco Sassi, residente in Puglia, e l’esecutore il verbanese Alessandro Tucci. La vittima è una donna di Cannobio a cui, in una decina di giorni, avevano incendiato alcune auto in sua disponibilità perché Sassi avrebbe voluto spostare degli affari nel Verbano e avrebbe visto una rivale nella donna.
Sequestrato per un’ora, picchiato e minacciato, un diciassettenne di Domodossola non ha denunciato. Eppure le indagini partono, scaturendo nell’emissione di due ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei cugini domesi Matteo e Antoine Rodà. Si ipotizza il reato di sequestro a scopo di estorsione, «per un “credito” di poche centinaia di euro che i due vantavano con il ragazzo».

Distinguerci, per non confonderci.

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