di Silvia Caruso e Sophia Minocci
Il terzo raduno nazionale dei giovani di Libera si è svolto quest’anno presso il bene sequestrato a Borgo Sabotino (Latina) il “Villaggio della legalità”, dedicato all’avvocato Serafino Famà. E’ così che, tra gli incontri e le lezioni, il 27 luglio si è riflettuto sull’importanza dei beni confiscati con Davide Pati, il responsabile di Libera nel settore. Quest’anno ricorrono i trent’anni dall’approvazione della legge Rognoni-La Torre, che ha introdotto il reato d’associazione mafiosa e il sequestro dei beni. Soltanto con la nascita di Libera tredici anni dopo la legge raggiunge la sua “completezza”: è concessa la possibilità di restituire quei territori alla collettività. La prima grande vittoria di Libera nel ’96 è rappresentata dal milione di firme che vengono raccolte a tal proposito in tutto il paese. La confisca e il conseguente riutilizzo dei beni concretizzano il lavoro e l’impegno che ripercorrono la storia del bene stesso.
I beni confiscati sono importanti per l’alternativa sociale, culturale ed economica che offrono: oggi in quei territori si produce pasta, vino e anche le mozzarelle di don Peppe Diana, provenienti dal caseificio di Castelvolturno – offerte anche durante il raduno -, oltre a molti altri prodotti. I beni riutilizzati spesso sono oggetto di attacchi, com’è successo ultimamente a Corleone, Catania, Siracusa e Partanna, per citarne alcuni, in seguito alla scelta del Capo dello Stato di consumare prodotti di Libera Terra al buffet dello scorso 1 maggio. È proprio nella difficoltà di proteggere la legalità in quelle terre che si dimostra l’importanza dei legami con le forze dell’ordine. Esempio emblematico è l’episodio di ormai due anni fa, quando sparì una mietitrice il giorno della mietitura nei campi d’orzo dell’Isola di Capo Rizzuto. Il corpo della Forestale mise dunque a disposizione una mietitrice, ma chi avrebbe dovuto lavorare si ammala, casualmente. La situazione si risolse quando due uomini della Forestale dal Lazio si recarono sul luogo per mietere quel campo.
All’incontro è presente anche una rappresentanza del corpo della Guardia Forestale, formata da Giuseppe Vadalà, Massimiliano Conti, la dott.ssa Daniela Piccoli e il Commissario capo Vittorio Lansiti. Inizialmente Vadalà ha chiarito il ruolo del Corpo Forestale dello Stato sul territorio e la collaborazione con Libera. Il compito risiede nel salvaguardare la sicurezza ambientale e agroalimentare, mentre il NIPAF (Nuclei Investigativi Provinciali di Polizia Ambientale e Forestale) si occupa delle indagini per abusivismo edilizio, inquinamento, contraffazione e contraffazione illecita dei trasporti. In tutto vi sono 15 comandi regionali (uno per regione ad eccezione di quelle a statuto speciale), 1100 comandi stazione in terreni rurali e zone di montagna, 15 riserve per la tutela alla biodiversità, senza contare la vigilanza in ogni parco nazionale. Nel 2010 è iniziata la collaborazione con Libera ed è sorta una sensibilità per i beni confiscati: un impegno che non è episodico, perché «è la continuità che fa la differenza».
Conti ha ricordato i campi estivi “E!state liberi” (esperienze di volontariato sui beni confiscati organizzate dalle cooperative di Libera Terra), definendoli come vere e proprie contaminazioni, ovvero «relazioni reciproche e rapporti sinergici dove ci si “inquina” a vicenda costruendo una struttura forte che può raggiungere obbiettivi comuni, attraverso momenti di scambio e formazione».
La dott.ssa Piccoli ha spiegato l’importanza di incentivare già nei bambini un’educazione alla legalità ambientale e agroalimentare attraverso dei progetti nelle scuole, che pongono l’attenzione su cosa mangiamo (qualità e legalità), come acquistiamo il cibo e sulla difesa del paesaggio. Spesso l’illegalità nasce dall’incuria quindi noi “popolo libero” dobbiamo prenderci cura dell’ambiente cominciando dai piccoli gesti. Questo discorso potrebbe superficialmente sembrare lontano dalla storia, dall’antimafia e da tutti i discorsi affrontati durante la settimana, ma come diceva Peppino Impastato: «Bisognerebbe aiutare la gente a riscoprire la bellezza e a riconoscerla, perché è da lì che tutto ha origine».