di Valentina Aiello e Carlotta Bartolucci
«Quando qualcuno mi chiama nelle sale a parlare con i cittadini di riciclaggio e (soprattutto) di antiriciclaggio, per me è un’attestazione di fiducia: non solo vengo, corro». Così il professore e avvocato Ranieri Razzante ha aperto, il 19 aprile, il terzo incontro della rassegna di eventi “Il potere del denaro” organizzata da LiberaVCO, tenutasi presso lo spazio giovani “Il Kantiere” di Verbania. Razzante, oltre che essere stato consulente della Commissione Parlamentare Antimafia, è fondatore e presidente dell’Associazione Italiana dei Responsabili Antiriciclaggio.
«Si definisce riciclaggio – spiega Razzante, entrando fin da subito nel vivo dell’argomento – l’impiegare soldi provenienti da un’azione illecita in un atto, invece, lecito. Può essere un investimento di qualsiasi natura, dall’immobiliare al bancario, l’importante è che sia rigorosamente fatturato».È proprio questo il punto saliente, che rende il riciclaggio un’arma potentissima per le mafie, in grado di produrre 250.000 euro di guadagno ogni minuto: il fatto che si basi su azioni lecite, gestite dai cosiddetti “colletti bianchi”. Personaggi con un ruolo fondamentale poiché solo chi è insospettabile può permettersi di manovrare soldi sotto gli occhi di tutti.
Chi sono questi insospettabili? Nella maggior parte dei casi liberi imprenditori e commercialisti che, complici perché sotto ricatto o ricompensati con parte dei proventi illeciti, contribuiscono ad accrescere il sempre più vasto impero finanziario delle mafie.
Il passaggio tra mercato legale e illegale è dunque molto delicato, perché avviene attraverso operazioni totalmente tracciabili e perché riguarda piccole cifre, quelle di tutti i giorni, quelle sempre sotto il nostro naso.
Eppure attraverso il riciclaggio si rimettono sul mercato interi capitali e giganteschi profitti di affari illegali come partite di droga, estorsione, usura, sfruttamento. Come fanno tutti questi soldi, dunque, a passare inosservati?
«Una delle tecniche più comuni – spiega il relatore – è quella del frazionamento del denaro da ripulire nelle mani degli insospettabili, cosicché ognuno di essi ricicli, investendo in una serie di operazioni, solo cifre medio-basse e, quindi, non meritevoli di attenzioni». La serie di operazioni finanziarie e bancarie di ripulitura possono giungere addirittura a 80 passaggi, la media comune si aggira tra le 30 e 40 volte, cancellando sempre di più l’origine dei proventi e rendendo impossibile il paper trail dell’investigazione.
Così si giunge alla domanda finale: perché riciclare conviene ai mafiosi? «Per mettersi in salvo da qualsiasi accusa sicuramente, ma anche perché i soldi in tasca non producono», banalmente. D’altronde per la mafia sarà sempre un guadagno: oltre ai valori ricavati dagli investimenti del denaro che, in quanto frutto di un’estorsione, sono un profitto senza alcuna spesa, vi è infatti il vantaggio che rientri nel mercato, “ripulendosi” e cancellando le tracce dei reati.
Razzante racconta, inoltre, di come la lotta al riciclaggio si sia sviluppata ufficialmente nel 1991 con la prima legge antiriciclaggio. Legge che impone l’identificazione di operazioni sospette e la limitazione al trasferimento a qualsiasi titolo tra due soggetti per le cifre superiori a una soglia, oggi 1000 euro. Ha fatto notare come sia d’uso pensare che il contante sia un mezzo d’azione molto più comodo per la criminalità organizzata. Convinzione erronea, dal momento che le valigette con le mazzette sono materia vecchia: ormai la tecnica più utilizzata è la carta di credito, metodo che passa inosservato, poiché, essendo computerizzato, è molto più veloce e, soprattutto, è tracciabile. Così, notando la sconvenienza del contante, diventa quasi un paradosso la frase tanto ripetuta: «Con la lotta all’evasione fiscale abbatteremo il riciclaggio». Razzante ci ride, ma s’indigna: «I governi continuano a limitare la soglia massima del contante utilizzabile in liquidità, ma questa norma non coincide con la vera lotta al riciclaggio», che – secondo il professore – focalizza l’attenzione sugli spostamenti di denaro in somme sospette e sul controllo della validità delle fatture, degli atti notarili e tutte le altre azioni potenzialmente sfruttabili per le ripuliture.
Da qui si nota l’imponenza e la validità, per le mafie, del riciclaggio, che risulta fonte illimitata di denaro e potere, oltre che controllo sul territorio. Ciò che bisogna forse far comprendere, però, è la validità del rifiuto di questo fenomeno. Ogni imprenditore, professionista, libero cittadino, infatti, rischia gravemente: non solo in fatto di reputazione o come danno economico qualora fosse scoperto e gli fossero sottratti i soldi investiti e fosse multato o incarcerato, ma anche moralmente. Riciclare significa sottrarre denaro all’Italia, soldi in meno per lo sviluppo del proprio Paese e per il prolificare del cancro mondiale peggiore che ci sia: la mafia.