Gherardo Colombo: possibilità è speranza

di Carlotta Bartolucci

Sono passati 20 anni da quel lontano 1992, che rappresenta ancora oggi la caduta della Prima Repubblica, avendo creato uno dei tanti vergognosi buchi neri che si susseguono, imperterriti, nella storia. Un buco indegno, però, che forse, tanto lontano non è: perché Tangentopoli, che segnò il disfacimento del sistema partitico italiano e diede alla luce accordi, affari occulti, tangenti con un livello di collusione, corruzione mai visto, ha lasciato fino ad oggi il suo segno. E il fiume di notizie, informazioni e processi che ne sfociò subito dopo furono una bella prova per l’Italia, la cui striscia di traguardo non è stata ancora oggi tagliata.

E’ di questo che Gherardo Colombo, magistrato e poi giudice in Cassazione ritiratosi dal servizio nel 2007, ha parlato lunedì 7 alla libreria Margaroli di Verbania ad una stanza ghermita di persone fino quasi a scoppiare, fra giovani e adulti. In onore della presentazione del suo ultimo libro “Farla franca. La legge è uguale per tutti?” (Casa Ed. Longanesi, saggistica collane, Le Spade, € 13,90) scritto insieme a Franco Marzoli sotto forma di intervista, ha infatti raccontato, seguendo il filo delle informazioni contenute nel libro, del retroscena delle indagini di Mani Pulite svolte dal Pool investigativo della procura della Repubblica di Milano.

Innanzitutto ha posto l’accento sulle condizioni dell’Italia alla scoperta del sistema di Tangentopoli: tutto partì ufficialmente dal 17 febbraio 1992 con la scoperta del direttore dell’ospizio Pio Albergo Trivulzio di Milano Mario Chiesa che intascava una cifra pari a 7 milioni di lire da una ditta di pulizie, al fine di far vincere l’appalto alla ditta Monzese. In principio non ci si preoccupò troppo del “mariuolo” Chiesa (così lo definì Craxi), ma quando, nei mesi successivi, iniziò a svelare altri intrecci, allora furono problemi. Gherardo ha infatti raccontato come, a capo di tutto il sistema che viveva sulla base di un intreccio di atti criminosi, regnassero sovrane e fossero quasi “principio” di questo sistema ma principalmente la collusione e corruzione. Partiti storici e di forte influenza, ministri, deputati, senatori, imprenditori, ex presidenti del Consiglio, moltissimi furono coinvolti: Gherardo ha raccontato come a partire da aprile, in cui entrò a far parte del Pool, nell’arco di tre mesi, le informazioni divenissero sempre più numerose e al contempo ingestibili. Dice Colombo: «La caduta del muro di Berlino fu un passo decisivo: da lì si sciolse un blocco di potere dalla quale erano sempre trapelate solo informazioni discordanti o disgregate». La mancata organizzazione e preparazione a quel carico di informazioni furono uno sbaglio, che portò in termini di percentuale, come ha calcolato Luigi Ferrarella giornalista del Corriere della Sera, ad assolvere 2 persone, far cadere in prescrizione 4 processi, concluderne 4 con condanna, su un totale di 10 persone. Nel libro sono raccontate anche le condizioni per cui, la proposta di Colombo del “condono condizionato” nei confronti di corrotti e dei corruttori che avessero denunciato al fine di favorire la trasparenza, venne rifiutata: «Mi si è sempre sembrato che non si volesse scoprire troppe informazioni sconosciute, perché sarebbero potute diventare delle armi».

In una situazione attuale disastrosa, dove l’Italia come livello di corruzione nell’arco di vent’anni è precipitata rovinosamente dal 33° posto durante Mani Pulite (secondo Trasparency International) al 69° nel 2011(secondo La corte dei Conti), fatturando 60 miliardi l’anno; dove l’evasione fiscale è il doppio di ogni altro stato dell’Unione Europea e alla quale non si riesce ancora a trovare una risoluzione decisiva. Nel libro si cerca di analizzare anche le radici di questi fenomeni di illegalità diffusa: la ricerca parte dai tempi della controriforma dopo Lutero fino ad oggi. E tra i tanti interventi del pubblico attento, attivo ed un poco critico, alla domanda «Come si combatte concretamente, dunque, la corruzione?», Gherardo ha risposto con molto spirito che servono innanzitutto regole ferree che ora mancano al sistema giudiziario e legislativo, ma anche mezzi, da un segretario che affianchi i magistrati a, banalmente, la possibilità di fare fotocopie degli atti dei processi gratis. «Ma ciò che serve veramente – ha detto – è che il popolo italiano smetta di credere che ci siano possibilità contro la corruzione e avere speranza, ma che LE CREI le possibilità: con grande tempo e grandissimo impegno». Necessitiamo di cambiare il modello culturale e riappropriarci del principio presente fra tutte le righe di tutti gli articoli della Costituzione: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. Dunque pari diritti e pari doveri davanti alla legge. Per questo l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro: «perché la democrazia deriva dal potere di ogni singolo cittadino, non solo da alcuni, fenomeno che deriva dall’eccessivo potere di certi, ma anche dal disimpegno di altri».
In un quadro politico così delicato quindi, l’unica possibilità di uscire dal tunnel sempre più contorto e sempre più buio che si sta creando, forse, può significare, sì, avere le pale per attaccare e i caschetti per difendersi, ma soprattutto il coraggio di addentrarsi nelle tenebre. Bisogna avere il coraggio di non sottomettersi ed obbedire al buio avendone paura, ma cercare di saper scegliere, pensare, giudicare quale direzione sia meglio, e raggiungere a tutti i costi la luce per poter tornare a respirare a pieni polmoni aria pulita. Insomma, combattere per la propria libertà e potere di cittadino, ma soprattutto di popolo, deve essere una battaglia che valga la pena di essere combattuta da tutti: e lo è.

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