Responsabilità contro la colonizzazione

di Carlotta Bartolucci

In occasione degli Incontri Eco..Logici, a cura del gruppo ecologisti vco, mercoledì 18 aprile a Il Chiostro – Famiglia Studenti, Libera è stata invitata per raccontare l’attuale influenza e i mezzi della criminalità organizzata impiegati per infiltrarsi sul territorio, locale come internazionale.
Questo, attraverso le parole di Eugenio Bonolis, referente del neonato Coordinamento provinciale di Libera VCO, e Giulia Rodari, autrice di un capitolo del dossier “Mafie al nord – Il radicamento visto da Novara” dell’Osservatorio sulle Mafie di Libera Novara con cui collabora.
Ciò su cui si è cercato di posare l’accento è stata la crescente “colonizzazione” delle mafie, come è stato detto dalla Commissione parlamentare antimafia del 2010: si è fatto comprendere quanto il sistema di approccio sia ormai diverso dai tempi in cui si poteva parlare di “infiltrazione” mafiosa.

Nel campo politico è avvenuta una profonda evoluzione infatti: se prima era la mafia a cercare la politica ora è la seconda a cercare la mafia, offrendo favoritismi in cambio di soldi, voti o regali. Ciò fa riflettere anche sulla finalità con la quale la politica interpella la mafia: non tanto per entrare a far parte del sistema, quanto per brama di ricchezza o potere.
L’operazione “Maglio” fornisce il chiaro esempio del consigliere del comune di Alessandria Giuseppe Caridi, affiliato alla ‘ndrangheta con dote di picciotto; oppure dai rapporti intercorsi tra Giuseppe Gioffré, un esponente del locale di Natile di Careri (TO) condannato per 416-bis a Verbania in seguito all’operazione “Betulla” del 1993, e Nevio Coral, ex sindaco del comune di Leinì (TO), appena sciolto per infiltrazioni mafiose.

La colonizzazione, poi, è strisciata ben presto fino al campo sanitario; come il caso di Chiriaco, direttore dell’ASL di Pavia arrestato per concorso in associazione mafiosa e corruzione: offriva appalti ai capi ‘ndrangheta.
E a quello ambientale, in modo tanto pervasivo da arrivare all’utilizzo di nuove parole che definiscano i diversi “settori di competenza” oggetto di infiltrazioni, come ecomafie e agromafie.
In alcuni luoghi, poi, ci sono episodi di illegalità quasi quotidiana; non a caso la costa ligure è chiamata “riviera dei fuochi” a causa dei continui incendi che, ogni poche ore, da mesi, dilaniano bar, discoteche, imprese.
Un altro fattore è l’internazionalità crescente delle mafie. Non si può più circoscrivere il fenomeno al sud Italia o all’Italia, perché da tempo le mafie hanno superato i confini europei. La ‘ndrangheta giunge fino in Australia, come dimostra la presenza di alcuni esponenti della criminalità organizzata, infiltratesi anche nelle amministrazioni.
Ma l’attenzione va posta anche sul fenomeno dell’illegalità cinese, in crescita non solo territorio nazionale: negli ultimi anni, in operazioni differenti, nel Vco sono state scoperte circa 20 case chiuse e stati rinvenuti collegamenti con il cuore della chinatown milanese, via Paolo Sarpi.

Quindi, analizzando i dati messi in evidenza dalle maxi-operazioni contro la ‘ndrangheta “Il Crimine-Infinito”, che nel luglio 2010 porta a 300 arresti tra Calabria e Lombardia e alla scoperta di 15 locali, e “Minotauro”, che nel giugno 2011 sveglia Torino con il coinvolgimento di quasi 200 presunti affiliati e la scoperta di 9 locali, si sono delineati i legami con il nostro territorio.
E sono stati analizzati tutti quei reati che, pur non legati alla criminalità organizzata, sono segnali di una illegalità diffusa da cui il Vco non è immune. Questo, per arrivare alla cultura mafiosa, propria non solo di amministratori comunali, imprenditori, rappresentanti delle forze armate, ma di semplici cittadini che vanno in cerca di potere. Banalmente, come ha ricordato un intervento dal pubblico, anche solo “se si salta una lista d’attesa grazie all’amico”, si fa uso di un comportamento mafioso.
La mafia viene lusingata perché alletta con la promessa di liquidità contro la crisi o di voti contro l’insuccesso, diventando, anche inconsciamente, insita nell’animo di tutti noi.

Dunque, in un momento di fragilità come questo, dove i dati mettono in luce un crescente e forte insinuarsi della mafia, solo con un’informazione peculiare e attenta sul proprio territorio è possibile limitare sempre più la colonizzazione senza riguardi anche dei luoghi di vita comune. Il libro dell’Osservatorio ha fatto proprio questo: un’analisi spazio-temporale delle manifestazioni mafiose e illegali, tenendo al centro dello studio le province del Verbano Cusio Ossola e di Novara. Anche seguendo il principio per cui, anche nei luoghi dove tutto appare tranquillo, è necessario rivoltare la coperta e scoprire le trame silenziose che si intrecciano tra potere civile, potere politico e potere mafioso; e avere sempre, dunque, «la voglia e non il rifiuto di sapere. L’assunzione di responsabilità che spetta al cittadino degno di questo nome», come scrive Nando dalla Chiesa.

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