Una Colomba al Kantiere Verbania incontra i ragazzi di At-Tuwani

Presidio Giorgio Ambrosoli, Ass. 21 Marzo, Arci Verbania e Anpi Verbania sez. Augusta Pavesi hanno organizzato domenica 1 aprile un incontro Ahmed e Majdi, due ragazzi del villaggio palestinese di At-Tuwani, e Davide Ziveri del Comitato Salvagente. Ideato dal Performing media lab di Libera Piemonte e Acmos un paio d’anni fa, è un network per la difesa popolare nonviolenta delle persone a rischio di incolumità. Il suo obiettivo è tenere viva l’attenzione su quelle storie che verrebbero altrimenti dimenticate, come questa.

Una Colomba al Kantiere Verbania
Una Colomba al Kantiere Verbania

di Giacomo Molinari

Le sue mani si muovono veloci, frenetiche, armate solo di una penna, sulla cartina che rappresenta il suo Paese occupato.
E mentre parla, la sonora freschezza della lingua araba fatica a reggere la velocità del suo pensiero, di quell’emozione indignata che gli serra la gola quando racconta della strada che arriva al suo villaggio, dei bambini attaccati dai coloni, della quotidianità di un’oppressione brutale e della difficile coerenza della scelta della lotta non violenta; dietro di lui, il suo compagno annuisce, grave, e attende il momento di narrare la sua storia a quanti sono qui stasera per ascoltarla.
Nonostante sia domenica, il Kantiere di Possaccio si è animato, aprendo le sue porte a Ahmed, Majdi e ai ragazzi di Salvagente che da tempo accompagna gli abitanti del villaggio di At-Tuwani, sulle Hebron Hills, nel loro difficile cammino in cerca di giustizia.

Introdotti da Davide Ziveri, uno dei responsabili del network, i giovani ospiti palestinesi hanno accompagnato i numerosi partecipanti alla serata in un viaggio alla scoperta della drammatica realtà della vita nella Cisgiordania occupata dall’esercito d’Israele. In particolare, il resoconto dei ragazzi si è soffermato sulla difficile convivenza fra la popolazione autoctona palestinese e i coloni del villaggio di Havat Ma’on, un insediamento illegale (come stabilito dalle Nazioni Unite che hanno condannato, tramite una serie di risoluzioni, la costituzione di colonie israeliane nei territori occupati) i cui abitanti si sono macchiati di efferate, quanto insensate, violenze ai danni della popolazione civile.
Una quotidianità scandita da espropri di terreno ai palestinesi, con conseguente distruzione di edifici e campi coltivati (considerati “illegali” dalle autorità israeliane) e da umiliazioni continue, non di rado sfocianti in vere e proprie aggressioni fisiche. Come quelle condotte ai danni dei bambini che, dai villaggi circostanti, ogni giorno si recano ad At-Tuwani per frequentare la scuola, costretti a muoversi sotto la “scorta” di un blindato dell’esercito israeliano per impedire la fitta sassaiola con cui i coloni sono soliti bersagliarli lungo il cammino.
O gli arresti da parte dello stesso esercito di cittadini palestinesi rei di aver protestato per essere stati sbattuti in mezzo a una strada dalla fame di terre dei “settlers” ebraici.
Una situazione difficile, a cui i cittadini di At-Tuwani hanno deciso di opporsi non con le armi, ma con la scelta della lotta non violenta; in parte perché, come sottolineato da Ahmed rispondendo a una delle numerose domande del pubblico, la potenza militare israeliana non permette loro altro tipo di risposta.
E in parte perché, dopo tanti anni di guerra e violenza, la massima aspirazione del popolo palestinese è la pace, «contrariamente a quanto riportato dalla maggior parte dei media internazionali» afferma, stizzito, Majdi. Proprio questo desiderio di una pace duratura e condivisa ha portato alla creazione del Peace Media Lab di Tuwani, un centro di documentazione che raccoglie materiali sui continui soprusi dei coloni e dei soldati di Israele ai danni della popolazione civile. Lo scopo, sforzarsi di elaborare percorsi di lotta non violenta anche grazie alla collaborazione di volontari internazionali e associazioni che condividano quest’orizzonte pacifista.
Notevole l’apporto dato dai cittadini italiani, presenti nell’area in particolar modo con Operazione Colomba, un corpo civile di pace che da anni collabora in loco alla resistenza del popolo di Tuwani cercando nel contempo di portare sotto la lente dell’attenzione internazionale la drammaticità quotidiana dell’oppressione.

Perché «voi potete fare molto per la causa della pace in Palestina», ha ricordato Ahmed rispondendo alla domanda di una ragazza del pubblico; «informandovi, scoprendo davvero cosa succede a casa nostra, parlandone fra di voi. Già questo sarebbe un aiuto fondamentale. La costruzione della pace laggiù dipende anche da voi».

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