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di Irene Pipicelli
La Memoria è a-spaziale e a-temporale ed è così che succede, quasi per caso, che, passeggiando per Intra, domenica 11 marzo, si sarebbero potute incontrare 6 Donne. Tutte diverse fra loro, vissute in periodi diversi, diverse per età e origini e che, nella loro vita prima di domenica, non s’erano mai incontrate.
Almeno non fisicamente.
S’erano però di certo incontrate, attraverso la condivisione di quegli ideali che le hanno portate a Resistere, ognuna a proprio modo, con la loro grande voglia d’Amare nascosta dietro gli occhi.
Augusta Pavesi, appena diciassettenne, staffetta partigiana, fucilata; Cleonice Tommasetti, una dei 42 Martiri di Fondotoce; Teresa Binda, madre d’un partigiano, fucilata perché sorpresa tra un gruppo di antifascisti mentre cercava suo figlio. E poi Rita Atria, testimone di giustizia, morta suicida a soli 17 anni; Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia, sciolta nell’acido dal suo compagno a Milano, tre anni fa; Felicia Impastato che difese e diffuse la storia di suo figlio Peppino per tutta la vita.
Erano Donne, erano Pasionarie, erano e non sono più.
E quindi sono stati prestati loro dei corpi, per un paio d’ore, perché potessero con le voci di altri raggiungere i passanti, e raccontare, attraverso poche frasi, di come avessero scelto la Libertà e la Verità.
Tre Donne simbolo di Resistenza e tre Donne simbolo di Antimafia per festeggiare il Giorno della Donna. Perché se nel ’44 scegliere significava salire in montagna e rifiutare la violenza Tedesca e Fascista, oggi Resistenza significa combattere quel pensiero distorto che sovverte lo Stato, trasformando i diritti in privilegi e negando la giustizia e la dignità della vita attraverso l’uso efferato del controllo e del potere.
Oggi resistiamo contro le mafie, nemico difficile, perché subdolo e vicino, perché la mafia siamo anche noi, la nostra famiglia, il nostro Paese.
È in questo momento, più che in altri, necessario ricordare e testimoniare, perché se è vero quel che dice Antonietta Chiovini, che la Restisenza l’ha vissuta, additando i passanti, «una volta non erano così indifferenti, allora tutta questa gente stava dalla nostra, ci aiutava!».
Bisogna impegnarsi ancor di più affinché la memoria non sia un fardello per pochi, ma un patrimonio per molti; perché il ricordo non sia formale, ma vissuto; perché tutto queste storie facciano parte di noi, proteggendo la nostra coscienza dal Male.
Iniziative come questa mettono a tacere quella voce che a volte si intromette mostrando l’ipocrisia e il buonismo della Festa della Donna. Se serve a ricordare al mondo le vite di queste Donne, prese come esempio per tante altre vite silenti, che furono preda di un amore tanto più grande della loro vita. Benvenga anche la Festa della Donna, che in questo caso diventa Festa della più bella Umanità.