Per non dimenticare Vittorio Arrigoni e la Palestina

di Greta Spanò

Voci. Voci di anime che vengono da lontano, voci che hanno scelto di resistere anche in una terra straniera perché le parole, quelle nude, possono rompere e graffiare. E questo, Vittorio Arrigoni, scrittore e attivista italiano ucciso brutalmente in Palestina il 15 aprile scorso, lo sapeva bene.
Così, la sera del 27 novembre presso il centro d’incontro Sant’Anna abbiamo scelto di ricordare lui e la voce di un popolo che, malgrado stia subendo un’occupazione da sessantatré anni, non è ancora riuscito a farsi ascoltare. Grazie al volere di Simonetta Franzetti, particolarmente attenta alla questione palestinese, ci siamo riuniti con alcune associazioni che operano nella provincia del Vco ad ascoltare chi lo ha conosciuto e chi sa cosa succede nella terra a Vik tanto cara.

A riempire la sala di energia prima degli ospiti ci ha pensato il gruppo vocale strumentale Volante Cucciolo, composto da resistenti dell’associazione Anpi di Verbania, che ha riempito tutti di grande energia.

Maria Elena Delia, membro della Freedom Flottilla Italia, ha utilizzato le parole che lui stesso scriveva sul suo blog per raccontarci la forza della naturache era. Da testimone, denunciava la situazione malsana nella quale contadini, pescatori, bambini e donne si trovavano: persone che hanno scelto da che parte stare, e che chiedono al mondo di essere umano. Lui, da vero attivista, a questo ci teneva, parlava e scriveva di una condizione insostenibile di pulizia etnica, nella speranza che tutti gli uomini potessero intravedere una vita quantomeno dignitosa.

C’è chi si chiede perché lo abbia fatto, perché abbia rischiato la sua vita per delle persone che nemmeno conosceva in una terra che non era la sua originaria. Per questo bastava conoscerlo, ha aggiunto Alessandra Capone, coordinatrice della Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese, che nel maggio del 2011 è riuscita ad entrare nella Striscia di Gaza con il convoglio Restiamo Umani: lui era innamorato di quella terra e della forza genuina che vedeva in ogni singolo volto, sentiva tutto suo. “Quando sono sbarcata a Gaza con altre ottanta persone, vedevo che tutti i luoghi, persino gli angoli più nascosti, avevano la firma di Vittorio”, ha concluso la giovane attivista. Infatti lui era vicino a tutti, conosceva i visi di tutta la città e le loro storie.

A ricordarlo, insieme a noi, c’erano due gazawi: Khalil Shennan e Mohammed Elzaleem. L’emozione ai racconti era forte, ancora prima di sentire i loro discorsi tradotti in italiano, perché il potere dello sguardo è spesso più grande di qualsiasi parola detta. Lo hanno descritto sempre al presente, quasi come se lo avessero visto lì, in mezzo a noi, così sorridente e sicuro di sé come sapeva essere. Dopo questo momento così emotivo hanno aperto gli occhi, e ci hanno guardati in faccia, uno ad uno, più sicuri di prima: ci hanno chiesto di collaborare con continuità, di non fermarci a ricordare un giorno all’anno ma di farlo sempre, perché siamo tutti Vittorio, in quanto italiani, attivisti e resistenti e perché, mentre noi viviamo la nostra vita tranquilla, in Palestina si spara, si bombarda, si uccide. Se non sappiamo denunciare anche noi, se non ci impegniamo nel nostro piccolo, la Striscia di Gaza sarà solo un deserto di anime abbandonate ad un silenzio assordante. La rivoluzione parte da noi, dalla nostra città, per un progetto più esteso: pensare locale, agire globale.

Infine, ha preso la parola anche Andrea Zummo, responsabile di Salvagente, una rete per la difesa popolare nonviolenta delle persone a rischio di incolumità. Ha spiegato brevemente come il comitato agisce sul territorio, amplificando dunque le voci delle persone che trovano la forza di parlare: la visibilità pubblica è infatti un elemento indispensabile ed è dovere di noi tutti informare a nostra volta.

Dolgono ancora le ferite lasciate da una morte ingiusta e da una lotta che sembra non aver fine, nonostante le vittime appartengano a entrambi i popoli, palestinese ed israeliano. Restare umani, per me, è lottare per la libertà di tutte le persone che, tolta la religione e la bandiera, sono uguali.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *