E nessuno potrà più fermare la sua primavera

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di Giulia Rodari

Dopo Ben Ali, la libertà di scegliere
Un morbido tessuto nero lungo fino a terra nasconde il suo corpo e il suo viso, lasciando fuori solo gli occhi castani, colmi di orgoglio e dolcezza, attenti ma discreti. Sono illuminati da una banda di stoffa verde che le abbraccia il volto dai lineamenti delicati. E’ giovane. Indossa dei guanti del colore della pelle più chiara a cui sono fissate le maniche dell’abito perché nulla possa mostrarsi ad occhi stranieri. Da poco tempo questo è il suo abbigliamento, e da due anni quello di sua sorella, presumibilmente al suo fianco con anche gli occhi celati da una fitta retina, perché «voglio – spiega – essere libera, libertà. Voglio scegliere ciò che amo, scegliere ciò che mi piace: i miei vestiti per esempio». Evidente il riferimento all’ex presidente tunisino Ben Ali che, dopo una legge varata negli anni ’90 per vietare l’uso del velo nei luoghi pubblici, nel 2006 si espresse, insieme ad alcune figure istituzionali, contro l’uso del velo integrale e il mantenimento delle barbe lunghe. Le accuse: essere vettori di oscurantismo, coprire la realizzazione di progetti politici, rappresentare un abbigliamento settario da frangia dura, privare la donna dei diritti conquistati. Quella di Ben Ali fu una battaglia politica per la laicizzazione ed Ennahda fu il partito che fece da capo al fronte islamista, suoi furono i militanti incarcerati e torturati; di conseguenza, suo è l’attuale consenso della popolazione.

23 ottobre: l’abbraccio della speranza
A nove mesi dalla rivoluzione del 14 gennaio che ha portato alla caduta del governo e alla fuga dell’ormai ex presidente Ben Ali, il popolo tunisino è chiamato ai seggi per scegliere l’assemblea costituente. Sono le sue prime elezioni libere, le prime con cui è possibile dare una svolta dopo 23 anni con la medesima istituzione. Domenica 23 ottobre aperti i seggi alle 8, sono invasi di persone disposte in due file, separate per sesso o miste. L’operazione è lenta, «ora che è mezzogiorno sono tre ore che aspetto di votare – riporta un giovane commerciante dal buon francese, aggiungendo eccitato – e ora è quasi il momento». Per qualcuno è il primo voto in assoluto, come Nur, ventunenne vestita in jeans e maglietta con i ribelli capelli ricci legati nella coda; uscendo dal seggio mostra con fierezza l’indice della mano sinistra sporco dell’inchiostro blu usato per dare la preferenza. Si muove frenetica, «è la prima volta che posso scegliere qualcuno che voglio. Quello che abbiamo fatto è grandioso». Per strada si contano gli elettori alla vista delle dita colorate, si analizzano le loro espressioni e si cerca un incontro con i loro occhi. Una vecchina curva dal viso solcato dai segni degli anni esce dal seggio sorridendo, una signora con tinta bionda e pettinatura anni ’50 abbraccia le amiche canticchiando, una donna sulla carrozzina viene accompagnata al voto dalla famiglia, un ragazzo indossa una maglia raffigurante Che Guevara e si guarda intorno serio, alcuni bambini si rendono partecipi stringendosi alle madri.
Sono gli occhi di un paese che sta cercando di lasciare alle proprie spalle l’immagine di Ben Ali, eppure sui muri di alcune delle scuole in cui si vota, oltre a colorati disegni ed elaborate scritte in arabo, ci sono alcuni suoi ritratti. Per casualità, risulta una scelta consapevole dell’indelebile passato abbracciata dalle più intense speranze di un reale cambiamento.

Ennahda: il consenso della popolazione
Già da tempo le proiezioni annunciano come vincitore l’Hizb Ennahda, il Partito della Rinascita, guidato da Rashid al-Ghannushi, ideologo tunisino costretto all’esilio per oltre vent’anni fino alla rivoluzione del 2011 che ha permesso la legalizzazione del movimento politico. «Oltre ad essere il meglio organizzato – racconta una ragazza accuratamente vestita con scarpe e borsa intonate al velo lilla – è quello che più rappresenta il nuovo pensiero giovanile, alla riscoperta di tradizioni e valori». Di conseguenza, suo è l’attuale consenso della popolazione. Le due ragazze, una dagli occhi castani e l’altra elegante, hanno votato l’Hizb Ennahda; un gruppo di cinque studenti conferma la scelta in quanto «la Tunisia è un paese islamico e il partito cerca di rappresentarlo» ma, aggiunge uno, «poi, magari, è solo di facciata».
Tante indecisioni, alcune polemiche contro un apparente o azzardato populismo che cercano di aprire gli occhi o lasciare l’amaro in bocca…eppure l’Hizb Annahda ha vinto. Con il 41.5% dei voti si aggiudica 90 dei 217 posti per i membri che, andando a comporre l’assemblea, scriveranno la costituzione, nomineranno il presidente e formeranno un governo provvisorio. Ottenuta la libertà di scegliere il proprio destino, questo è il modo in cui la Tunisia decide di muovere i suoi primi passi; i giovani decidono, le donne sono presenti. Un’altra parte del percorso è iniziata, il mondo arabo scriverà un nuovo capitolo…e nessuno potrà più fermare la sua primavera.

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