E’ colonizzazione, non presenza

di Eugenio Bonolis

8 ottobre: incontro con Gianni Barbacetto e Marco Vitale

‘Mafie al nord’ è il titolo dato dall’associazione Libera alla due giorni di seminari organizzata a Torino. Sabato 8 è stato il momento di maggiore approfondimento del tema dell’infiltrazione delle mafie nel Nord Italia, grazie all’aiuto e all’intervento di magistrati, giornalisti e docenti universitari.Gianni Barbacetto, scrittore e giornalista de Il Fatto Quotidiano e Marco Vitale, economista d’impresa, hanno dato il loro contributo durante la mattinata.

Economia e giornalismo, soldi e parole. Un connubio forse improprio, ma entrambi possono essere armi. Armi spuntate, che non uccidono, che possono giocare a favore o sfavore di quelli che le armi le usano.  Le mafie. Per questo, bisogna essere capaci a maneggiarle ed evitare che cadano nelle mani sbagliate.

Il parallelismo offerto da Vitale, tra le dichiarazioni del sindaco Paolo Pilitteri nel 1989 e quelle di Letizia Moratti nel 2010 nelle quali entrambi affermavano che «la mafia a Milano non esiste», ci permette di comprendere simbolicamente quale sia lo stato dell’arte a Milano. Capiamo che è una Milano ferma, che è cambiata ben poco, che fa fatica a uscire dai decenni di negazionismo, che hanno pervaso politica e non solo. Una Milano, ma anche una Lombardia, che sta pagando anni di troppa indifferenza.
«Onta, silenzio e parole» sono elementi che hanno favorito l’insediamento delle mafie nella città dell’Expo 2015, così ha affermato Barbacetto.

Le immagini e le parole utilizzate in questi anni, hanno portato alla costruzione di una storia surreale nell’immaginario collettivo, a una narrazione chimerica. Sembra che i fatti, le operazioni giudiziarie che stanno colpendo la capitale dell’economia e delle finanza italiana, siano soltanto il frutto della cronaca di un film, una fiction italo-americana ben costruita, una storia irreale. Questo non è solo il risultato di una malainformazione che in ogni decennio e luogo del Paese si è sempre presentata, bensì è dovuto soprattutto a una miopia e a un’assenza  di presa di coscienza del pericolo dalla collettività. E’ una storia che sembra non le appartenga, che preferisce per comodità, per pigrizia e per molti, convenienza, ascoltarla comoda in poltrona.
E’ per questo che Barbacetto ha affermato che la grande Milano, sempre stata «sopra tutti e sopra tutto», sarà costretta a confrontarsi e a chiedere aiuto a quelle realtà siciliane che in questi anni hanno consolidato pratiche efficaci di lotta contro le mafie.

Se da un lato è palese l’assenza e la debolezza di un’antimafia locale, è altrettanto evidente come invece il fenomeno mafioso non sia più un banale ‘flusso migratorio’ di mafiosi, dalle terre di mafia al nord. Non si parla di presenza mafiosa, non si tratta di qualche sporadica attività di clan mafiosi, ma si tratta d’insediamento. Colonizzazione. La convivenza e la corruzione tra il mondo politico e imprenditoriale, con questi sistemi criminali, sono emblematici. Come si legge nelle carte del processo Cerberus, i nomi degli imprenditori imputati sono lombardissimi, sono nati e cresciuti al nord.
Non possiamo dimenticarci dell’Immobiliare Kreiamo, con sede in via Monte Napoleone  a Milano, nota alla cronaca come azienda delle famiglie Barbaro e Papalia. Ebbene, il telefono di questo edificio ‘pare’ fosse costantemente disturbato da noti politici che avevano un’incontrollata voglia di scambiare due chiacchiere.

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