Un’altra Italia: storie di ordinaria resistenza

di Camilla Cupelli

A Polistena, nei bar, il caffè non si offre. Non è mancanza di rispetto, né una tradizione. Dal 2006 però questo divieto è affisso in molti bar della città, e il motivo è logicamente conosciuto da tutti. Nel giugno dello stesso anno, due anni dopo la nascita della cooperativa “Valle del Marro Libera Terra” sui terreni confiscati alla famiglia Piromalli, i soci subiscono il primo attentato:chili di zucchero vengono riversati nei motori dei mezzi utilizzati per il lavoro nei campi, impedendone il funzionamento. Da questo momento in poi i soci della cooperativa bevono il caffè amaro, per ricordarsi della difficoltà della loro scelta, e decidono di andare nei bar ostentando il coraggio di non offrire il caffè a nessun mafioso, e di rifiutare in caso di proposta di offerta.

Ecco quindi il motivo del divieto che estende quest’usanza a tutta la popolazione. Questa è la realtà nella quale si svolgono i campi di E!STATE LIBERI nella piana di Gioia Tauro. Una settimana di lavoro e formazione in una delle zone dove la ‘ndrangheta pone le sue radici più in profondità, per capire i valori della legalità e dell’impegno ed associarli ad un territorio, ai volti, alle storie. La cooperativa “Valle del Marro Libera Terra” produce con il marchio Libera Terra melanzane sott’olio, olio extravergine d’oliva e pesto al peperoncino. Ecco perché ogni mattina decine di volontari dei campi si recano sui terreni per raccogliere melanzane e peperoncini, estirpare piante infestanti, preparare vasetti, ascoltando le storie dei soci, dei ragazzi dei percorsi di legalità locali e dei compagni di viaggio che provengono da diversi territori. Dopo aver provato cosa significhi far parte di una cooperativa agricola i giovani volontari seguono invece degli incontri di formazione, che si tengono in un bene confiscato in ristrutturazione nel cuore della città di Polistena. Così avviene l’incontro tra Michela, Samuele, Giuseppe e tanti altri ragazzi di Libera di Polistena e i volontari, e la possibilità di conoscere storie come quella del padre di Debora Cortisano, Lollo, quella di Don Pino De Masi, quella del testimone di giustizia Gaetano Saffioti e tante altre ancora. «L’antimafia non si fa con la repressione» dice Domenico, socio della cooperativa «io non credo che serva solo il carcere». Ecco perché nel 2004 Domenico ha scelto di diventare socio della cooperativa, per dare un segno forte di cambiamento e rompere il detto “fatti i fatti tuoi che campi cent’anni”, che in Calabria pare essere una Bibbia. La possibilità di fare un campo in questa zona del nostro Paese è un’occasione unica di vedere concretamente cos’è l’antimafia in alcuni luoghi d’Italia, è un modo per ritrovare compagni di lotta cari al nostro presidio e vicini alle nostre esperienze.

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