Incontri, Parole e Condivisione

di Simone Falcone

Diario di Viaggio dal Secondo Raduno Nazionale dei Giovani di Libera a Firenze

Parole di ringraziamento, di coraggio e di sfida. Parole dure e critiche, che colpiscono con violenza e che fanno male. Parole che commuovono, parole che danno da pensare, parole incise nella musica. Parole, fiumi di parole. Sono state le parole ad aprire la Festa Nazionale di Libera ed il Secondo Raduno dei Giovani di Libera. Quelle parole cortesi dei rappresentanti politici, quelle tese e dolci della figlia dell’agente di polizia Beppe Montana, ucciso tanti anni fa, perché lasciato solo; quelle dense, frustrate e forti, incredibilmente forti di don Luigi Ciotti e, ancora, quelle speranzose, allegre, gioviali raccontate nella musica degli A67 e dei Modena City Ramblers.

Sono state, quindi, le parole ad accogliere ed accompagnare tutti i trecento giovani che quel 21 luglio 2011 si sono ritrovati a Scandicci e Firenze per vivere un’esperienza di condivisione ed accrescimento personale lunga una settimana, ma non c’erano solo quelle, le parole: c’erano anche i gesti e le emozioni assieme a quei giovani, quella sera.

Un discorso duro, quello di Ciotti, un discorso fatto di incitamenti e di nomi, un discorso intessuto con uno dei tanti scomodi messaggi: la mafia si combatte a Roma, perché è innanzitutto la politica a doversi occupare del male del proprio paese ma, spesso, sono i politici stessi a fallire non solo non favorendo ma, anche, ostacolando il processo di lotta e contrasto delle mafie.
Dopo le parole, entrano in scena le urla ed i gesti nello spettacolo teatrale che l’associazione Orme ha dedicato, la mattina dopo, in apertura del raduno, a Danilo Dolci, un uomo che ha deciso di cambiare la Sicilia in cui viveva, contrastando istituzioni corrotte con scioperi della fame e scioperi “al contrario”, con il lavoro, con il sudore e la speranza.
Il raduno, dedicato a Danilo Dolci e, come l’anno scorso, a Rita Atria è proseguito con un programma lungo ed intenso che, quasi sempre prevedeva attività in gruppo – ognuno dei venti gruppi era intitolato ad una vittima di mafia -, incontri con personaggi di rilievo e figure fondamentali nel meccanismo dell’antimafia e la migrazione pomeridiana dal Campo Sportivo di Scandicci a Fortezza da Basso a Firenze per assistere agli incontri, agli spettacoli (tra i quali, il monologo scritto ed interpretato da Giulio Cavalli sulla figura di Giulio Andreotti) ed ai concerti offerti dalla Festa di Libera.

Ecco quindi un’altra parola chiave: incontri. Incontri con vite dette straordinarie, con eroi, con uomini e donne che non hanno nulla di eroico se non aver fatto la scelta giusta dove nessun’altro ha avuto il coraggio di vivere nella legalità. Incontri con chi, ancora, crede in un’Italia migliore, che può ancora crescere, con chi ha votato la propria esistenza a far crescere lo stato dove vive. Incontri tra giovani di ogni realtà di Libera nazionale, scambio di idee, di momenti, di dialetti, di progetti e di sogni, che sono nascita di nuove amicizie e recupero di quelle vecchie. Incontri con la bellezza e con l’arte in un luogo dove bellezza ed arte diventano fondamentali ed imprescindibili, guidati per una settimana intera da Davide Mattiello che ha fatto dell’arte la propria vita. Incontri che, se non cambiano la vita, di certo sconquassano i pensieri ed offrono lunghi momenti di riflessione e danno il via a progetti inediti o a idee a lungo dimenticate.
E, poi, la conclusione lungo le vie di Scandicci con una parata in cui i colori dell’Italia, i simboli di libera, il fuoco dei giocolieri, le bolle di sapone, simbolo di forza e dolcezza e le frasi dello spettacolo di Orme – «Bisogna Fare Presto e Bene perché si muore», «Ognuno Cresce Solo se Sognato», «Viviamo in un Mondo di Condannati a Morte da Noi» – si sono fusi in un insieme dove parole, incontri, urla e gesti si bilanciavano per colpire i sentimenti, per generare quelle emozioni che, chi ha vissuto il Secondo Raduno dei Giovani di Libera quella settimana, ha conosciuto bene. Il corteo si è concluso nella piazza centrale del paese dove la compagnia Orme ha messo in scena una nuova edizione dello spettacolo Picciridda che narra la storia di Rita Atria, suicidatasi dopo l’ assassinio di Paolo Borsellino, con toni forti, spesso stridenti e ruvidi, con gesti fortemente teatrali e con un ritmo veloce, incalzante interrotto solo da silenzi ancor più rumorosi della recitazione.

Dopo il teatro, il discorso di don Ciotti che con parole dure ha attaccato i mali del paese, dal gioco d’azzardo legalizzato su internet, alle ingiuste leggi contro gli immigrati chiedendo scusa, raccontando i volti dei morti che hanno cercato di arrivare in Italia, ad un nuovo futuro, e la disperazione dei vivi. Ha urlato, commosso per Rita, per quella tomba che non può recare né il nome né il viso della ragazza, ha intimato il sindaco di Scandicci a dedicare una via a Rita ed a tutti quei giovani uccisi dalle mafie ed ha ringraziato chi dedicando parte del proprio tempo all’antimafia culturale, mediante le proprie capacità e doti, si è messo in gioco ed ha partecipato al raduno. Un discorso seguito dalle lacrime, dalla commozione, di chi ascoltava, di chi si è lasciato trasportare dalle battute dello spettacolo, da chi ha colto profondamente il messaggio che recava con sé e da chi ha vissuto una settimana a Scandicci fatta di condivisione.

Condivisione di vite straordinarie, di esperienze, di idee, di lavori di presidio, di momenti, di numeri, di giacigli, di pranzi e cene, di intere giornate, di opinioni e dialetti. Condivisione nel nome di differenze culturali che diventano non giustificazione di odio e disprezzo ma motivo di interesse ed accrescimento. Condivisione nello spirito del raduno dove l’insegnamento di metodi, di fatti, di strumenti passa quasi in secondo piano davanti a quello che è lo scopo più grande: la consapevolezza di non essere soli davanti ad una missione apparentemente difficilissima, la consapevolezza che, forse, non tutto è perduto in questo nostro paese se ancora trecento giovani di tutte le regioni decidono di trovarsi superando i confini dell’indifferenza, per lottare, insieme, come mai lo si è stati in questi centocinquanta anni di Italia, verso un unico obiettivo, verso un grande sogno.

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