Rita Atria è stata una testimone di giustizia, morta suicida il 26 luglio 1992, una settimana dopo l’attentato di via D’Amelio, in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Rita è nata nel 1974, in una famiglia profondamente mafiosa del trapanese e, dopo gli omicidi del padre Vito (nel 1985) e del fratello Nicola (nel 1991), decide di collaborare con la giustizia. Seguendo l’esempio di sua cognata Piera Aiello (vedova di Nicola), infrange la legge dell’omertà e, presso il procuratore Paolo Borsellino, confessa tutto ciò che accadeva nella sua famiglia e in quelle a cui era vincolata dall’allenza mafiosa. Le sue dichiarazioni porteranno all’arresto di decine di criminali e alla loro condanna. Ma questo determina una condanna anche per se stessa: comincia a ricevere numerose minacce, persino da sua madre; per questo viene trasferita a Roma, sotto protezione dello Stato. Poi, nel 1992, le persone che per Rita significavano uomini cardine della realizzazione del suo sogno di giustizia vengono anch’essi brutalmente cancellati dalla scena; in quel momento Rita capisce di non poter più andare avanti e, il 26 luglio 1992, all’età di 17 anni, si lancia dal quinto piano del palazzo di Roma in cui era nascosta. Lascerà scritto nel suo diario:

«Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito»rita-atria

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *