Usura, un fenomeno «vecchio come il mondo»

foto di Rachele Dalla Savina
di Valentina Aiello e Rachele Dalla Savina

Sono molte le persone che, nella serata del 7 marzo, hanno partecipato al secondo incontro del ciclo di eventi “Il potere del denaro”, organizzato dal Coordinamento provinciale di LiberaVCO.
In quest’occasione, si è parlato di un fenomeno immortale, terribile e apparentemente incontrastabile: l’usura. Caratterizzato da un difficilissimo processo di riconoscimento, è uno dei principali settori in cui attualmente la criminalità organizzata riesce a investire, riciclare e far fruttare i soldi cosiddetti “sporchi”.

Aiutati dal Sostituto procuratore del tribunale di Verbania Bianca Maria Eugenia Baj Macario e dalla referente di Libera Piemonte Maria José Fava, i membri del Coordinamento e la cittadinanza hanno provato ad approfondire questa tematica, ponendo particolare attenzione sui numeri e le dinamiche del fenomeno e, nella seconda parte del dibattito, sui possibili rimedi che la cittadinanza può mettere in atto.

«Il fenomeno dell’usura è vecchio come il mondo – inizia la dott.ssa Baj – ma, ovviamente, dei cambiamenti storici ci sono stati: dai vecchi cravattari del paese, che controllavano pressappoco solo lo stretto perimetro della cittadina, si è passati alla larga scala, allo sconfinato controllo che ha adesso la criminalità organizzata». La relatrice spiega che nella zona del VCO gli episodi di usura sono relativamente isolati, seppur non per questo di lieve entità: ogni anno sono solo quattro i fascicoli aperti dalla Questura e sui tre indagati medi, almeno uno viene assolto. I reati di usura che più frequentemente vengono commessi sono quello del superamento della soglia limite dell’ammontare degli interessi e quello del ritratto dei patti usurai. Attraverso il reato di usura, la mafia, molto spesso punta all’obiettivo di infiltrarsi nelle attività imprenditoriali delle vittime, più che alla resa dei soldi prestati. Ed è così che la vittima, entrata nel giro nella speranza di salvarsi, è automaticamente condannata a non uscirne più.

L’intervento di Maria Josè Fava, referente di Libera Piemonte, parte proprio dai dati enunciati dalla dottoressa Baj. A questi aggiunge che negli ultimi anni le mafie si sono maggiormente interessate al fenomeno di usura – in particolar modo grazie alla crisi che da qualche anno dilaga nel nostro Paese. In questo contesto la mafia ha trovato terreno fertile per potenziare il suo giro d’affari in questo campo, arrivando a gestirne addirittura il 40% del traffico e ricavandoci 11 miliardi l’anno. Sommati ai guadagni degli altri traffici illeciti risultano, quindi, 150 miliardi di euro. A coordinare, in ogni zona del nostro Paese, il giro d’affari riguardante questo fenomeno vi sono 57 clan mafiosi, il cui interesse principale non si focalizza sul guadagno di denaro, bensì sull’acquisizione delle imprese o delle piccole attività dell’ usurato al fine di riciclarne il denaro illecito. C’è comunque da ricordare che, anche se non tutti gli usurai fanno parte di uno di questi clan, la mentalità da cui nasce questa loro pratica è riconducibile alla cultura mafiosa. «Cultura mafiosa che abbiamo il dovere di combattere – ha ricordato Fava – partendo proprio dalla denuncia del fenomeno». Giusto per questo motivo Libera ha deciso di occuparsi della formazione e dell’educazione dei giovani proponendo nelle scuole attività sull’uso consapevole del denaro: è importante, infatti, che le nuove generazioni siano coscienti della gravità della situazione e possano, un domani, scegliere di percorrere la strada della legalità e della giustizia, per quanto possa essere naturalmente più difficoltosa.

Sul territorio piemontese Libera ha anche aperto un “Osservatorio antiusura” e uno sportello “SOS giustizia”, con sede a Torino, che dal 2010 seguono vittime di usura e di racket, i loro familiari e testimoni di giustizia, dando loro voce e aiutandoli a denunciare l’illecito e sopportare le conseguenze. Molti sono gli ostacoli lungo la strada, come il timore e l’incertezza perché «lui mi ha prestato soldi quando ne avevo bisogno» oppure «lui sa dove lavora mia moglie e dove vanno a scuola i miei figli». Non è raro che all’interno delle aule di tribunale la paura prenda il sopravvento sugli usurati, portandoli a negare l’accaduto o a ritrattare le precedenti denunce. Proprio per questo è necessario prender loro per mano e guidarli, facendogli capire che c’è ancora modo e tempo per rimediare.

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