Per formare e proporre Rapporto dell’Osservatorio di Libera Novara

di Giulia Rodari

«Perché Libera ha degli osservatori? Perché – risponde José, referente di Libera Piemonte, alla sua stessa domanda – cerca di studiare, comprendere, approfondire. Perché crediamo che sia fondamentale fare da ponte tra realtà diverse, tra professionalità diverse, portando anche la nostra sensibilità e le nostre capacità, con tutti i limiti di essere sentinelle sul territorio.
Crediamo che sia fondamentale incrociare dati che a volte ci sono ma che spesso le persone non conoscono, per riuscire a fare formazione e per rendersi conto di quello che accade sui territori. Così da fare proposte concrete».

Studio e approfondimento che Libera Novara ha consolidato attraverso l’istituzione di un proprio osservatorio, poco più di un anno fa. Ha iniziato con quello che sembrava un lavoro da poco, la rassegna stampa degli articoli riguardanti i fatti di criminalità che interessavano Novara e il Piemonte, espandendosi poi verso il Nord e l’Italia intera. E, invece, si è aperto un mondo. Sono emersi tante concise notizie, tanti dati apparentemente slegati che creano un quadro illegale ben più complesso.
Si è aggiunta l’analisi di ordinanze di custodia cautelare e sentenze delle operazioni antimafia che hanno interessato territori piemontesi e lombardi negli ultimi due, tre anni. Per scoprire che, certe vicende, non sono poi così lontane.

Il lavoro di questi mesi è stato racchiuso in un rapporto, curato da Domenico Rossi, referente di Libera Novara, e presentato il 23 marzo, a Novara. Un volume, quasi 200 pagine, racchiuso in una copertina nera che, sopra al titolo Mafie al nord. Il radicamento visto da Novara, colloca geograficamente la città; al centro dei luoghi che hanno interessato le operazioni antimafia sopracitate.
Il libro raccoglie contributi di magistrati, giornalisti e studiosi che hanno speso qualche parola per raccontare la complessa situazione che interessa il nord Italia. Qualcuno fornisce gli strumenti per una prima analisi del fenomeno mafioso, qualcun’altro racconta delle recenti operazioni Il Crimine-Infinito e Minotauro, altri si sono addentrati nelle più vicine vicende che hanno coinvolto novarese e Verbano Cusio Ossola.

Alcuni fatti del passato uniscono le due province, prima unite in una sola, e costringono a guardarle con occhio più attento. Infatti, ai tempi dei fatti che coinvolsero la Val d’Ossola, negli anni ’80 e ’90, il Vco era ancora annesso al novarese.
Si, quando i locali bruciavano, quando ai negozi si sbriciolavano le vetrine, quando le macchine saltavano in aria la notte e qualcuno ci moriva dentro. Quando, alternate a piccoli blitz, ci furono due grandi operazioni, Betulla e Asso. Quando si parlava dell’insediamento di una cosca a Domodossola, il cui capo era Domenico Cento. E parte proprio da lui il capitolo che tratta del Vco, per snodarsi verso suo cugino e suo nipote, Giuseppe e Arcangelo Gioffré, e verso l’operazione Nuovo Potere che, a termine del processo di primo grado del 2011, porta alla condanna di Bruno Pizzi per traffico d’armi. Questi sono segnali di continuità di una presenza che marchia il territorio, così come i tre beni confiscati presenti tra Biganzolo, Baveno e Omegna.
A queste vicende si susseguono i reati finanziari, come i casi di Alberghi d’oro, Nemesis, Credit Scoring, Motel Vogogna, Nuova Cusiana Costruzioni: segnali di illegalità, segnali che alimentano i giochi delle mafie. Si arriva, quindi, all’operazione Terra Bruciata che, nel 2008, indaga 14 persone per i reati di gestione non autorizzata e traffico illecito dei rifiuti, violazioni delle norme sulla bonifica e associazione a delinquere. Sugli 11000 metri quadrati su cui sorgeva l’ex stabilimento Indel, a Domodossola.
Si sovrappongono il gioco d’azzardo, l’usura, il traffico di droga e la prostituzione; tutti reati di cui si cerca, in qualche modo, di dare una minima visione seppur gli episodi da riportare siano senz’altro un numero più ampio.
Il capitolo si chiude con il fenomeno cinese, in quanto segnale di espansione, in Italia e nel territorio d’interesse. Nel Vco ci sono state più operazioni di contrasto alla prostituzione cinese nell’arco degli ultimi cinque anni. Una volta la scoperta di 14 case chiuse, sparse su tutta la provincia; un’altra la rivelazione di collegamenti con il cuore della chinatown di Milano, via Paolo Sarpi.

È un libro che raccoglie vicende che si intersecano, reati che si sovrappongono e nomi che si ripetono.

Come il sociologo presidente onorario di Libera Nando dalla Chiesa scrive nella prefazione, è un libro che richiama l’attenzione su quei dati che mostrano «una presenza in ascesa a cui vanno chiusi tutti i varchi, a partire dall’azione politica e amministrativa, dai comportamenti delle professioni e delle organizzazioni della società civile».

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