La notizia prima di tutto?

Per il pomeriggio di sabato 17 marzo, giorno della celebrazione della XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, tutte le sale e gli auditorium sparsi nella zona del Porto Antico, meta finale del corteo, allo scoccar delle 14.30 si sono gremiti di gente.

di Carlotta Bartolucci

L’oggetto del desiderio di molta gente, assetata di sapere, conoscere, riflettere, erano infatti le conferenze, dibattiti e spettacoli organizzati da Libera per approfondire e analizzare i diversi volti della peggior piaga italiana, di cui, al giorno d’oggi e da parecchi mesi a questa parte, Genova è ripetutamente vittima.

All’incontro sulla capacità di analisi del proprio territorio e di fare inchiesta intitolato “La notizia prima di tutto?” vi erano i giornalisti Toni Mira (“L’Avvenire”), Attilio Bolzoni (“La Repubblica”) e Salvatore della Volpe (vicepresidente di LiberaInformazione e caporedattore di TG3), che hanno posto l’attenzione su tre punti fondamentali: l’attendibilità, il cosa scrivi e il come lo scrivi.
E’ necessario, infatti, fornire sempre dati precisi da fonti sicure: questi sono il segnale più concreto e d’impatto per far “scattare l’allarme”. Per questo hanno ricordato i 150 miliardi annui (in pratica 1500 posti di lavoro) che rappresentano il “fatturato” mafioso, i 150000 commercianti vittime di racket, il 10% del PIL italiano prodotto dalla mafia, i 60 miliardi impiegati nella corruzione che portano l’Italia solo al 69° posto per trasparenza, i 3,5 miliardi impiegati nel gioco d’azzardo.

A dare altri dati preoccupanti è stato Giovanni Tizian, il giovane giornalista emiliano da poco entrato nel programma di protezione, che ha posto l’attenzione sulla diminuzione dell’attenzione dei giornali al fenomeno mafia: dalle 995 citazioni in articoli nel 2009, alle sole 523 nel 2011. Ciò si può attribuire al vistoso aumento di censure dichiarato dai giornalisti, così come di autocensure degli stessi, sottopagati, sovraccaricati di lavoro e senza una gratificazione che sia sprono per seguire e analizzare notizie spesso scomode e compromettenti. «L’informazione è l’arma più efficace contro le mafie, ma, per essere recepita dalla società civile deve nascere da un’analisi costante, minuziosa e attenta di tutti quei fenomeni che ogni giorno passano in sordina, e non solo quelli che “fanno notizia” – dice Tizian – i mafiosi si sentiranno scoperti solo se l’antimafia viene fatta attraverso piccoli racconti quotidiani e costanti». Ciò su cui bisogna soffermarsi sono il gioco d’azzardo, la droga, la prostituzione, i luoghi di aggregazione comuni frutto di riciclaggio di denaro sporco e sede, a loro volta, dei traffici malavitosi. Insomma, porre attenzione riguardo a tutto ciò che sta prendendo largamente piede fra le nuove generazioni. Come soffermarcisi? Partendo dal fatto per raccontare l’origine, senza limitarsi alla sterile cronaca, che è solo uno dei tanti petali, ma andando a scovare la linfa che nutre l’intero fiore, il traffico, i nomi, le dinamiche che vi stanno alla base. «Attenzione alle discrepanze tra due notizie o tra notizia e fatto: se c’è uno certificato “non-vedente”, e poi lo si trova al cinema, non ci si deve fermare alla notizia del falso invalido, ma scovare il corrotto che l’ha dichiarato cieco», chiarisce con un semplice esempio Bolzoni.

Toni Mira provoca così: «Bisogna osservare anche i luoghi familiari per notare quei particolari che ci sono sempre stati e che non ci dovrebbero essere (come l’insegna del vecchio locale mafioso ancora affissa sul locale ormai divenuto bene confiscato, o come la discarica abusiva dietro casa aperta da anni): se lo vedo io non è grazie a chissà quali capacità giornalistiche, ma è perché nessuno l’ha mai voluto notare prima». Inoltre Della Volpe ha suggerito di «slegarsi dagli ambienti familiari per evitare atteggiamenti omertosi: non si denuncerà mai l’abuso edilizio se ci vive la nostra vicina di casa, non si denuncerà mai lo spacciatore se è un amico o conoscente, ma è necessario farlo, oppure si fa l’inviato».

Infine si è giunti a parlare dell’informazione come potente strumento antimafioso che richiede sacrificio, anni di lavoro e passione vitale ma, come hanno definito i giornalisti, l’informazione è «in grado di risvegliare le menti». Per questo è necessario far notizia vera e non superficiale, rapida ma non approssimativa: per anticipare magistrati e polizia, per non tralasciare e approfondire, per capire e interpretare e far comprendere a sua volta.
Insomma, un onere impegnativo ed esigente, ma che, contro la mafia, rappresenta un’arma degna di essere tirata fuori in campo.

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