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di Giacomo Molinari
La bandiera rosa, stagliata contro il cielo grigio d’una fredda giornata di marzo, sventola sotto una brezza di levante che soffia dal mare poco distante.
Sotto di lei, abbracciata all’asta del vessillo, una sorridente ragazza chiacchiera con una compagna, in attesa che il corteo parta; gli occhi azzurri si sposano con la sciarpa che le protegge il collo e parte del viso, incorniciato da una massa di corti e spettinati capelli dorati.
Emana allegria, e spensieratezza.
Quella coppia di ragazze sorridenti, ieri mattina in Piazza della Vittoria, a Genova è l’immagine più eloquente della forza del movimento che si è dato appuntamento nella città della Lanterna per celebrare la XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Una forza basata sull’umanità dei partecipanti, capace di tradursi in disarmanti sorrisi, o nelle lacrime amare che seguono la lettura dei nomi dei nostri morti, ai quali quotidianamente dedichiamo il nostro impegno.
Oltre centomila persone provenienti da tutta Italia hanno risposto ieri all’appello lanciato da Libera, partecipando alla manifestazione genovese; dalla provincia di Verbania, quattro pullman, per un totale di quasi 200 partecipanti, sono partiti all’alba alla volta della Liguria per portare il loro contributo alla splendida giornata di mobilitazione.
La città di Genova ha accolto i manifestanti col calore riservato agli amici che vengono a far visita da lontano. Una bella sorpresa riservataci da una città che ha deciso da che parte stare nella lotta al cancro della criminalità organizzata; scelta più che mai necessaria, per il capoluogo di una regione pesantemente attenzionata dalle cosche – di ‘ndrangheta, ma non solo, essendo presenti esponenti di tutte le principali organizzazioni malavitose lungo la riviera – che, nel corso degli ultimi mesi, ha visto sciogliere due consigli comunali, Bordighera e Ventimiglia, per infiltrazione mafiosa convertendosi in uno dei principali territori investito dal fenomeno del riciclaggio di denaro sporco da parte dei clan.
Il corteo, creatura colorata e dai mille volti, capace di far marciare fianco a fianco no tav e sindacato CGIL polizia, scout e ‘indipendenti’, si è snodato sul lungo mare camminando a fianco di quel porto così centrale per la nostra economia da essere da sempre oggetto degli appetiti degli uomini dei clan. Da lì, si è diretto verso la centralissima Piazza Caricamento, dove il soffiare del vento levantino ha fatto da cornice alle personalità alternatesi nella lettura dei nomi di tutte le vittime riconosciute di mafia; il procuratore di Torino Giancarlo Caselli, il sociologo Nando dalla Chiesa – presidente onorario di Libera -, don Andrea Gallo, il prete di strada della comunità genovese di San Benedetto al Porto e Margherita Asta, figlia e sorella di innocenti caduti per mano di Cosa Nostra, che ha parlato a nome dell’associazione dei famigliari delle vittime. Con loro, han prestato la voce alla lettura dei nomi anche alcuni lavoratori portuali di origine straniera, nuovi italiani che non hanno esitato a prendere posizione, in ricordo dei tanti, troppi cittadini stranieri assassinati ogni giorno dal caporalato mafioso o sepolti in quel mare che avevano preso per cercare un futuro migliore per sé e i loro figli.
Un sentito applauso ha infine accolto le parole di vicinanza alla manifestazione espresse dal Presidente della Repubblica, tramite un suo scritto letto dal prefetto di Genova, ma soprattutto il discorso di don Luigi Ciotti, presidente dell’Associazione.
«Da 150 anni siamo costretti a parlare di mafia – ha urlato dal palco, rabbioso, il presidente di Libera – è ora di finirla». Nel suo lungo intervento, don Luigi ha puntato il dito contro quella “zona grigia” che permette al fenomeno mafioso di proliferare. «Noi, come cittadini – ha ricordato – siamo tenuti a tenere sempre alta la soglia di attenzione. Perché i mafiosi sono dei signor nessuno, ed è giunto il momento di finirla con loro!».
Gli occhi chiusi a seguire l’emozione delle parole, le mani a scuoter l’aria quasi potessero incidere la coscienza degli ascoltatori, don Luigi ha toccato alcuni scottanti temi di attualità; il ritrovamento dei resti di Placido Rizzotto, o le recenti dichiarazioni della Corte di Cassazione sul reato di concorso esterno in associazione mafiosa che secondo il Presidente di Libera «esiste eccome, e non riconoscerlo significherebbe fare un regalo a quegli amici dei mafiosi dei quali ci dobbiamo liberare per dare un colpo definitivo alla criminalità organizzata».
Nel pomeriggio, diversi seminari e spettacoli teatrali hanno affrontato con relatori d’eccezione le tematiche quotidiane del lavoro di Libera sui territori; dal gioco d’azzardo (affrontato in compagnia del dottor Mauro Croce, nostro concittadino), alla mafia dei colletti bianchi, a come elaborare un’educazione alla legalità di stampo transnazionale, con l’obiettivo di consegnare spunti di riflessione ai partecipanti, per aiutare ad approfondire il lavoro quotidiano di chi ha fatto della battaglia di Libera uno di stile di vita.
Migliaia di persone, da nord a sud, provenienti da percorsi di vita e politici differenti,accomunate da un grande sogno, riassumibile nelle parole simbolo dell’associazione; costruire, a partire dalla Memoria, un Impegno quotidiano a favore della giustizia e della legalità. Perché, dopo 150 anni, si possa finalmente scrivere la parola fine sul più triste capitolo della storia italiana.