La sera prima, le lacrime di Lella Costa

17 marzo, Genova ospita la XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie. La sera della vigilia, Lella Costa da voce a “Le Ribelli” raccontate nel libro di Nando dalla Chiesa.

di Bianca Fiore

Cammino per le strade della città, “marmoreo gigante”, diretto al suo cuore. Tipico di Genova: un secondo prima i miei passi rimbalzano sulle pareti dei palazzi, assordanti, ma dietro l’angolo mi attende la folla. Escono dalla metro e dai bus, arrivano a piedi, in bicicletta, signori distinti stretti nei cappotti e gruppi di ragazzi, qualche boy scout in divisa. So che non mancheranno tanti familiari di vittime innocenti di mafia, è per loro questo spettacolo, è per tutti coloro che sono venuti a stringersi insieme nella giornata di memoria e impegno. Mi lascio avvolgere.

All’entrata cerco volti conosciuti, ci spingiamo dentro il teatro, studio le pareti di questa grande sala che sembra una piazza, con i balconi delle case, un lume per ogni uscio, piccoli fari ci sovrastano come un cielo stellato. Nando dalla Chiesa introduce le protagoniste di questa lettura scenica, “Le ribelli”, le cui voci ha raccontato in un libro. Il grido di dolore e denuncia di tre ribelli per amore è interpretato da Lella Costa, accompagnata solo da un pianoforte e dalle fotografie di chi quelle storie le ha vissute, dietro di lei. Storie al tritolo, storie terribili che scuotono i polsi: Felicia Impastato, Saveria Antiochia e Michela Buscemi ci raccontano la loro vita, lo sconvolgente momento in cui essa è cambiata per sempre, il rifiuto del silenzio, l’incredibile forza nel reagire. Mi soffermo sulla finestra da cui si affaccia il viso di Felicia, pronta a difendere le scelte coraggiose del figlio, commossa dalla folla presentatasi alla sua porta il giorno dei funerali di Peppino; su ogni piccola ruga che intesse il sorriso di Saveria, che non ha smesso di andare nelle scuole a parlare ai giovani nemmeno sotto il peso degli anni («sono un ronzino instancabile» recita Lella), e si è beffata di chi pensava che quella lettera aperta così acuta, lucida e graffiante non potesse essere farina del suo sacco; sui capelli mossi dal vento di Michela, che siede in questa platea e rivive i giorni del maxiprocesso a Palermo.

Qualcuno di fianco a me annuisce. Ha più anni dietro di sé, e ricorda quei momenti, quelle cronache, gli attimi di paura e quelli di speranza. Li faccio miei.
Sono incastrata in un turbinio di pensieri, moti di commozione, respiri faticosi; non posso fare altro che lasciarmi toccare e trasportare, finché mi accorgo che anche Lella Costa, nel suo vestito a fiori, ha le lacrime agli occhi. Non riesco a convincermi che sia per finzione scenica. Quando gli applausi finiscono, quando si accendono le luci, quasi non me ne accorgo. Mi allontano dal Carlo Felice, scendo nei vicoli. Stasera non esco.

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