In data 19 novembre i giovani del presidio Giorgio Ambrosoli e dell’associazione 21 Marzo di Libera Verbania hanno organizzato la prima conferenza dell’anno di auto-formazione riguardo il gioco d’azzardo: tema votato nelle assemblee di settembre tra quelli interessanti, per impatto sociale ed attualità delle tematiche, per la formazione interna del 2011/2012.
L’incontro, anticipato la settimana prima da una breve esposizione di Federico, un membro del presidio, ha visto protagonista lo psicologo, criminologo verbanese Mauro Croce, esperto di gioco d’azzardo e collaboratore occasionale del gruppo Abele e di Narcomafie. In due ore, Croce, ha elencato, con tanto di esempi, le cause e soprattutto gli effetti sociali, psicologici, economici e politici della fruizione ossessiva del gioco d’azzardo.
Innanzitutto, si può dividere lo sviluppo della diffusione del gioco in tre fasi.
La prima di queste fasi, che va dagli ultimi anni del XIX secolo ai primi anni novanta del novecento, vede la nascita dei quattro casinò italiani (Campione, Saint Vincent, San Remo e Venezia), collocati non casualmente sui confini, concessione (una delle poche) di gioco d’azzardo sul territorio nazionale, con forte controllo statale. E’ solo negli anni novanta che lo stato intravede nel gioco una forma di business, inserendo SuperEnalotto, macchinette, bingo e così via, dando inizio ad un sistema di enormi sprechi di denaro da parte degli italiani, per la prima volta facilitati, quando non invitati, a scommettere. Una terza fase si inserisce negli ultimi anni, in cui le spese degli italiani in gioco d’azzardo hanno raggiunto circa 60 miliardi di euro, ma parallelamente non c’è stata una proporzionale crescita delle entrate dell’erario. Stando al Codice Penale, sarebbero vietati tutti i giochi con fini di lucro il cui risultato sia influenzato dalla fortuna, salvo, però, quelli in concessione dallo stato italiano che ne detiene, quindi, il monopolio, sfruttandolo in numerosi modi, sempre più facilmente accessibili, dal lotto ai gratta e vinci alle macchinette a gettoni nei bar. Inoltre, in Italia, non vi è, come in altri paesi, un’etica pubblicitaria che impedisca l’uso di frasi ragionevolmente false come “vinci presto, vinci adesso” o “ti piace vincere facile?”.
Il gioco d’azzardo ha numerosi costi sociali, con importanti conseguenze su molti piani, primo fra tutti la famiglia che viene danneggiata nel momento in cui un componente, quasi come un tossicodipendente, avvia una spasmodica ricerca di denaro coinvolgendo, spesso, i minori. Il gioco di alea, di fortuna, non garantisce, come dice il nome stesso, un rientro delle finanze investite per partecipare e ciò favorisce la nascita di un sistema di credito illegale, basato sullo strozzinaggio, con tassi elevatissimi, o sull’adempimento di favori per organizzazioni malavitose in cambio di soldi. Tale sistema, però, non viene denunciato dal giocatore che vi si trova immischiato a causa del proprio orgoglio e della certezza di poter ripagare, con una vincita, lo strozzino. Vi è, poi, chi mette a repentaglio il proprio posto di lavoro, compiendo piccoli furti dalle casse aziendali per finanziare delle scommesse, ripromettendosi di rimettere a posto i soldi non appena vincerà. Tutto ciò, inoltre, causa ingenti danni fisici dovuti allo stress.
La Caritas nel 2004 ha pubblicato un rapporto, edito da Feltrinelli, sulle nuove povertà, individuando nel gioco una delle prime cause. Maurizio Fiasco, sociologo consulente della Consulta Nazionale Antiusura di Francesca Rascazzo, ha dimostrato su basi empiriche che quando lo Stato deperisce l’azzardo fiorisce e viceversa, a riprova del fatto che la mania del gioco colpisce i più poveri, i pensionati, gli svantaggiati: coloro che di soldi non ne hanno e che sperano di uscire da situazioni di incertezza economica e difficoltà vincendo qualche scommessa. È, quindi, una realtà che tocca gli strati più bassi della popolazione.
L’azzardo occasionale non è problematico. Quello che deve allarmare è l’ossessione: quando scatta il meccanismo che porta a scommettere nuovamente per rifarsi della precedente perdita e diventa patologico, quando si comincia a pensare al gioco anche quando non si sta giocando, quando si mente a sé stessi ed agli altri e non ci si riesce più a limitare. Superato il punto di non ritorno, per molti le possibilità rimaste sono poche e concernono la criminalità o il suicidio.
Un tempo giocare portava via tempo, necessitava di ingenio e manualità e lo si faceva in società, con degli avversari, la nuova evoluzione del gioco prevede velocità, tecnologia e solitudine, permettendo scommesse rapide su ogni cosa, anche sulla morte di personaggi famosi o sulle elezioni papali. Anche il recente sistema di immediata riscossione della vincita contribuisce ad aumentare la dipendenza.
Verbania, considerato il proprio alto tasso di giocatori, è il primo capoluogo ad aver proposto un sistema di prevenzione e di allerta sul gioco -con degli avvisi fuori dai locali appositi e con opuscoli all’interno degli stessi- ed una limitazione oraria per le scommesse (dalle 15 alle 22). Gli esercenti, però, hanno fatto ricorso al TAR che, pochi mesi fa gli ha dato ragione, andando contro le disposizioni della precedente amministrazione. La questione legale, infine è ancora più complessa, perché con il tentativo di far fronte alla mafia, il cui 13% dei guadagni deriva dal gioco illegale, lo stato fa slittare versò la legittimità ciò che prima era illegale, come, ad esempio, il totonero, senza prevedere un’opera di sensibilizzazione (anzi, il governo ed il monopolio hanno previsto un bando di diciannove milioni di euro per la pubblicità del gioco d’azzardo). È difficile comunque trovare una risposta di limitazione e controllo che non vieti il gioco stesso. L’Italia detiene attualmente il 9% degli introiti mondiali del gioco d’azzardo e Lottomatica (di proprietà DeAgostini) controlla buona parte delle lotterie statunitensi. È scandaloso l’atteggiamento della legge italiana che non prevede (come proposto, invece, dall’associazione nazionale Alea di cui Mauro Croce è stato presidente) strategie di prevenzione e riduzione dei danni del gioco, ponendosi sullo stesso piano dei paesi del terzo mondo che sfruttano l’azzardo per fare cassa, ignorando i rischi che questo comporta.
Libera Verbania intende documentarsi su questo fenomeno, soprattutto a livello locale, e monitorare tutti gli sviluppi in merito, con lo scopo, come sempre, di diffondere sul territorio una cultura improntata alla legalità.