don Luigi Ciotti – foto di Rachele Dalla Savina
di Chiara Bonolis

Il 28 luglio si è finalmente arrivati al cuore del Terzo Raduno Nazionale dei Giovani di Libera: l’attesissimo incontro con il presidente nazionale dell’associazione, don Luigi Ciotti.
Con lui, sul palco, erano presenti Francesco ed Emanuela, figli di vittime innocenti di mafia.
Francesco è figlio di Silvia Ruotolo, morta l’11 giugno 1997 in un conflitto a fuoco. Per lui il raduno è un momento in cui il dolore viene trasformato in impegno.
Emanuela, invece, è figlia di Palmina Scamardella, che venne uccisa il 12 dicembre 1994 (quando lei aveva appena sedici mesi), mentre stava andando a prepararle la “pappa”.

Le loro testimonianze, scandite da forti momenti di commozione, sono il frutto di frammentari ma vividi ricordi infantili, impressi nella loro mente ma, soprattutto, nel loro cuore, e di racconti di chi ha vissuto direttamente o ricostruito le circostanze della morte dei loro genitori. L’intensità e la drammaticità delle loro parole hanno consentito di consolidare, in modo efficace, ai trecento giovani – lì attenti ad ascoltare – le motivazioni per cui affrontare cinque intensi giorni di raduno.
Quel susseguirsi di frasi pronunciate con estrema fatica ma, allo stesso tempo, piene di speranza, hanno dato lo spunto a don Ciotti per iniziare il suo intervento, descrivendole come “parole di carne” intendendo la loro incisività e impulsività. Inoltre ha ribadito l’importanza della memoria e, quindi, dell’essere tutti chiamati testimoni di giustizia poiché «non c’è giustizia senza verità».

Successivamente, il Presidente di Libera ha fatto un breve riassunto della storia dell’associazione, che nasce sulla carta 18 anni fa ma, in realtà, molto prima, come risposta alle emozioni scatenate dalle stragi. Ha raccontato anche come è nata l’idea della parola “Libera”, che sta a significare «impegniamo la nostra libertà per liberare chi non è libero». Questa parola esprime il bisogno dell’Italia, soprattutto in questo momento di crisi economica e politica, di libertà e nuove resistenze: ciò significa esserci e mettersi in gioco.

Formidabile la sua esclamazione, usata di tanto in tanto come intercalare, «siete meravigliosi!», quasi a indicare lo stupore e la felicità nel vedere tanti giovani che hanno deciso di dedicare quasi una settimana in piena estate all’impegno e alla formazione.
Sorprendente la sua dialettica, uguale a quella che utilizza durante le sue omelie (come quella tenutasi la mattina dell’ultimo giorno del raduno), dalla quale traspare la volontà di essere incisivi ed efficaci ma, allo stesso tempo, sentimentali.

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