Gioco d’azzardo, tra lobby e Stato

 

di Alice Baroni e Silvia de Medici

Venerdì 8 febbraio, presso lo spazio giovani comunale Il Kantiere, si è tenuto il primo incontro del ciclo “Il potere del denaro”, organizzato dal Coordinamento provinciale di Libera Vco. “Scopriamo le carte”, grazie alla presenza degli ospiti Mauro Croce, responsabile del settore Educazione Sanitaria dell’ALS 14 di Verbania, e Massimo Terzi, presidente del tribunale di Verbania, ha fornito un’interessante possibilità di riflessione sul ruolo del denaro nella nostra cultura.

La società che sembra sempre più convinta che il miglior modo per far fronte alla crisi odierna sia quello di affidarsi all’ingannevole e attraente fascino del gioco d’azzardo. Dagli 80 miliardi del 2011 spesi dagli italiani per giocare se ne contano oltre 90 miliardi nel 2012, di cui il 41.6% solo nelle slot machine. Cifre tanto elevate da azzerare il debito pubblico italiano nel corso di dieci anni. Per riportarci subito a una realtà urgente e destinata ormai verso un declino senza arresto, ecco alcuni dati locali: 1159 € di spesa pro capite per il gioco d’azzardo nel solo verbano, con un’accessibilità di 54 locali provvisti di slot machine e 10 sale slot che conducono a una spaventosa media di 7.5 locali per kmq del suolo abitato. Nel complesso italiano 800 mila sono i dipendenti cronici e 2 milioni sono a rischio.

Viene da pensare, dunque, che tale situazione debba per forza aver subìto un’evoluzione, non può essere nata da sè.

Grazie all’aiuto di Mauro Croce, si sono ripercorse le tappe del gioco d’azzardo. Dalla situazione precedente agli anni ’90, in cui a questo fenomeno era associato un giudizio di disvalore ed era possibile praticarlo solo nei 4 casinò posti sotto il controllo statale e lontani dalle fasce sensibili, si procede verso la fase intermedia degli anni post ’90 in cui lo Stato inizia a intravederci un business. Compaiono perciò nuovi giochi come i video poker o il bingo, per poi approdare alla situazione attuale, un disfacimento morale e privo di limiti con pubblicità dalla tv a internet, fin per le vie della città. Lo Stato ha ormai perso le redini della sua “macchina da soldi” ed è completamente succube nei confronti dello strapotere delle lobby.

Per comprendere quale sia la pressione subita dallo Stato da parte delle lobby, Croce riporta alla memoria due episodi. Il caso nazionale: solo 2.5 dei 98 miliardi che le lobby avrebbero dovuto restituire in seguito a un black out dei sistemi di recepimento dati sono stati realmente incassati dallo Stato. Uno sconto del 96%. Neanche in un periodo di crisi come questo si è mai visto un ribasso così conveniente. Il secondo interessa invece il livello locale: il comune di Verbania aveva imposto una limitazione oraria al gioco d’azzardo per salvaguardare le fasce deboli (studenti, pensionati e casalinghe). Dopo un anno, per il ricorso di una sola società proprietaria di slot, il comune è stato condannato al versamento di oltre 1 milione di euro come rimborso del mancato guadagno. Sono fatti che si commentano da soli.

Come se non bastasse, anche la criminalità organizzata ha i suoi interessi nel campo: dei 150 miliardi del fatturato annuo criminale il 13% è dovuto solo al gioco d’azzardo, gestito dal pugno di ferro di 41 clan mafiosi. Come spiegato dal presidente Massimo Terzi, i motivi che spingono le mafie a interessarsi al gioco sono multipli: dal riciclaggio di denaro sporco all’usura. Tuttavia il gioco d’azzardo è legale e sembra conferire un aspetto di tutela dallo Stato. Proprio su questo Terzi si è soffermato, poiché il distinguere gioco legale e illegale rende la descrizione del fenomeno più difficile. Spesso infatti porta a giustificare quello legalizzato: in realtà prende spunto da quello illegale, gestito dalla criminalità organizzata e fonte maggiore di guadagno. Infatti i guadagni incassati dallo Stato, derivanti dai famosi 90 miliardi di fatturato del gioco d’azzardo, sono il solo 10%, ovvero 9 miseri miliardi.

Gli strumenti alternativi che lo Stato ci ha affidato per combattere questo fenomeno sono però troppo deboli.
Dunque qual è il rimedio a questo gioco, che di ludico non ha proprio nulla?
Sicuramente non il proibizionismo, secondo Terzi. La sua risposta non è così ricca di speranza da lasciar credere che i cittadini possano davvero fare la differenza, poiché, dice, «è necessario un rinnovamento culturale, sociale e misure istituzionali contenitive che sarebbero tuttavia tardive e poco efficaci, poiché non precedute da norme preventive».
Forse sciocca e ingenua, ma essenzialmente efficace, è stata la proposta di un bar di Borgomanero: ha messo al bando le slot machine per ritornare ai sani e avvincenti tornei di briscola, scopa e all’intramontabile tombola. L’iniziativa è stata ben accolta dai cittadini ed è ormai fisso l’appuntamento settimanale dedicato allo “slow game”. E chissà: Verbania, un giorno, potrà mai diventare un nuovo e sano modello, creando un’alternativa concreta alla deriva italiana e offrendosi come “capitale del slow game”?

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