La quinta mafia: un consolidato senso di antistato

di Greta Spanò

Nella storia il virus dell’illegalità e della corruzione è stato in grado di superare i confini dello stivale italiano, di scavalcare le barriere europee fino a mirare a rotte di respiro più internazionale.
Eppure nel nord Italia la popolazione e la sua rappresentanza politica spesso si sono sentite immuni a questo germe, come se fosse incompatibile con il loro DNA. Una terribile presunzione quella di non sentirsi esposti, che ha permesso ancora di più alle mafie di radicarsi in profondità e di fare proprio del territorio il sistema malavitoso.
La Lombardia, come altre regioni settentrionali, non è stata in grado di attivare gli anticorpi adatti e ha permesso che la contaminazione proliferasse sensibilmente, lasciando alla società la responsabilità di una trasformazione invasiva.
Esistono parecchie storie a riguardo: vite di chi ha scelto di affiancare la mafia per ricevere protezione, oppure di chi ha deciso di collaborare con la giustizia e credere in un ideale per un futuro diverso, o semplicemente di persone a cui il futuro è stato spezzato senza ritegno dall’egoismo di un popolo omertoso.

Ma nel grigiore della folla indifferente c’è sempre qualcuno che sceglie di distinguersi e di informare, di scrivere: tra questi Marta Chiavari, giornalista per la trasmissione televisiva Exit di La7, che ha selezionato diverse interviste e ne ha scritto “La quinta mafia”, un’inchiesta sulla criminalità organizzata al nord.
Venerdì 2 marzo la libreria Margaroli in collaborazione con il presidio Giorgio Ambrosoli ha invitato l’autrice a Verbania per la presentazione del suo libro, e Laura Piazzi, giornalista e conduttrice radiofonica di Radio2 nel ruolo di moderatrice.
Marta ha subito parlato delle ragioni del titolo: nel sud Italia sono presenti la Camorra, Cosa Nostra, la ‘Ndrangheta e la Sacra Corona Unita, con rispettivi riti di iniziazione e codici segreti. Ma c’è bisogno solo di questo per essere mafiosi? La tradizione del nord non ha famiglie storiche, ma ha dentro di sé ormai un consolidato senso di antistato, e per quanto diversa dalle organizzazioni sopracitate, ha subito una mutazione nel suo scheletro tale da essere considerata criminale. Senza conferirle un nome ufficiale, la Chiavari preferisce chiamarla “quinta mafia”.
Marta parla in maniera molto chiara con Laura, sua collega e amica: è semplice, sorride. Si muove in continuazione in quella poltroncina rossa, forse per l’emozione di vedere nella sala così tante persone in una città piccola come Verbania, o forse solo perché consapevole di ciò che è riuscita a trasmettere a chi la guardava quella sera. Ha letto qualche passaggio del suo libro, sottolineando la forte differenza tra Stato e antistato, ma non nella Lombardia dei calabresi, in quella di pavesi e brianzoli.
«Nel nord ancora non si denuncia»: segnala allarmata la giornalista, introducendo con questa affermazione storie e persone della regione più industrializzata d’Italia.
Ma la Chiavari preferisce non dilungarsi troppo nel suo racconto, lasciando a questo breve incontro nuovi spunti per cui lavorare e un’indignazione in più, che alimenta l’entusiasmo alla lotta alle mafie.
Perchè la corruzione è una tassa occulta e la paghiamo tutti: per livellarla nel profondo e creare un’immunità resistente bisogna denunciare l’illegalità, e nel farlo bisogna essere in tanti. I ragazzi di Libera provano a farlo giorno per giorno, con il grande peso che la responsabilità dona a loro e con la stessa umiltà che Marta ha mostrato nella sua presentazione.

One thought on “La quinta mafia: un consolidato senso di antistato

  1. Annunciata ester Reply

    La mafia in Lombardia si e’ insediata da tempo e se vai a denunciarla ti dicono che soffri di manie di persecuzione . Questo tipo di mafia si avvale della collaborazione di banche e uffici pubblici e non ha il problema di lasciare anche materiale cartaceo a prova di cio’ perche’ in qualsiasi ente ha persone alle proprie dipendenze ,agisce come la mafia la camorra con il controllo capillare del territorio ,chi da fastidio e non sta alle regole si cerca di eliminarlo ma non si spara non serve, e c’e’ gente minacciata che ha paura. Io lombarda da 10 anni “immigrata” in Lombardia sto’ vivendo tutto questo e posso garantire che di documentazione ne ho da vendere .

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