Raduno dei giovani del Piemonte: il modo migliore di educare le coscienze e condividere l’umanità

di Alice Baroni

«È la diversità il sale della vita». Centocinquanta ragazzi, infinite diversità, un’unica speranza: essere l’alternativa alle mafie.

17, 18 e 19 febbraio: i tre giorni del primo raduno dei ragazzi dei coordinamenti e dei presidi di Libera Piemonte, compreso il nostro Giorgio Ambrosoli di Verbania, alla Fabbrica delle E, sede principale del gruppo Abele.
Pronti a «vivere insieme e non solo accanto e ad abitare il tempo» come don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, ci invoglia a fare, sono stati giorni di intenso confronto. Dall’analisi delle difficoltà concrete che ogni presidio è chiamato ad affrontare, sia dal punto di vista pratico che “teorico”, all’analisi di ciò che ognuno di noi deve avere sempre in cima alle priorità per fare veramente Libera, fino a capire cosa ci deve spronare, entusiasmare, far arrabbiare e far resistere.
«Siate folli ragazzi!», ecco le sue parole, ecco la modalità per acquisire la capacità di agire nell’insicurezza, di essere il cambiamento, di fare rete.
Ma non basta credere nella vittoria, è la quotidianità che fa la credibilità, è l’impegno che ci accompagna verso il risultato. Per concretizzare questo impegno è essenziale l’organizzazione e la voglia di trovare assieme le soluzioni agli ostacoli che si incontrano per la strada; a questo proposito ogni gruppo di lavoro ha trovato utili consigli nelle parole di Maria José Fava, referente di Libera Piemonte.

Ricco di iniziative il coordinamento regionale svoltosi sabato 18 pomeriggio, durante il raduno: come mettere in rete enti locali a livello nazionale grazie ad Avviso Pubblico, associazione di enti locali e regionali per la formazione civile contro le mafie; come sostenere Cascina Graziella di Moncalvo d’Asti, attraverso la Coop affinché questo terreno confiscato alla mafia possa diventare un centro di aiuto per le donne dipendenti da alcool o droga, o vittime di maltrattamento; come divenire ognuno promotore del tanto atteso 17 marzo a Genova (XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie).

Ritrovare la bellezza di stare assieme nella quotidianità dei momenti informali, mangiare, dormire e formarsi in compagnia, come un’unica grande famiglia, una comunità di destino che va verso un unico orizzonte: non è solo l’esortazione di Davide Mattiello ma anche ciò che abbiamo sperimentato in prima persona con i suoi pregi e le sue difficoltà.
Non sono infatti mancati momenti di divertimento ed allegria perché è la qualità delle persone incontrate che ci coinvolge e ci aiuta a trovare nuovi stimoli, nuove motivazioni per alimentare la nostra crescita personale.

L’influenza mafiosa è come un serpente sempre fertile che striscia nascosto e depone le sue uova ovunque, tra l’erba alta dove indisturbate possano schiudersi. Il giardiniere si preoccupa di far apparire il proprio prato ben curato e con le sue scelte politiche pianta molteplici fiori e disegna aiuole, nuove e sicure tane per serpi ingiuste.
Ma la brezza mattutina porta con sé la speranza e qualche seme cade in quel terreno: dapprima è solo un arbusto che con difficoltà stenta a crescere ma le radici sono forti e lentamente diventa un ostacolo per quella bestia che col suo veleno tutto vince.
Ma è proprio la formazione ciò che ci permette di affondare le radici in profondità, di poter scegliere e non farci avvelenare.

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