Dalla mafia tradizionale ai colletti bianchi

di Camilla Cupelli

8 ottobre: incontro con Nando dalla Chiesa e Antonio Ingroia

Nel 2011 nel nord Italia sono stati confiscati 1392 beni, che equivalgono all’11% delle confische nazionali. Di questi, 248 sono aziende. Nell’ultimo anno si sono registrate inoltre 37.000 azioni finanziarie sospette, il record degli ultimi decenni. Con questo scenario tragico si aprono i lavori del seminario Mafie al nord della giornata di sabato alla Fabbrica delle “e”.
A gestire il primo incontro è il giornalista Rai Santo Della Volpe, che riporta alla platea l’ultimo rapporto della Banca d’Italia: da esso si evince che circa il 50% delle operazioni finanziarie del Paese, nell’ultimo anno, si è svolto in Lombardia. Ospiti della mattinata sono Nando dalla Chiesa e Antonio Ingroia.

Il primo si sofferma in particolare sul fenomeno del nuovo radicamento sottolineandone in particolare l’aspetto del silenzio: è da considerarsi parte della nuova espansione l’omertà che ha accompagnato la presa di potere delle mafie al nord, accanto ad un mutismo istituzionale che ha spento i riflettori sul problema. Il cono d’ombra inizialmente creatosi a causa della questione del terrorismo negli anni Settanta, e successivamente proseguito con Tangentopoli e le stragi di Stato, infatti, si è prolungato continuativamente per una precisa scelta politica di governi ed istituzioni, che hanno deciso di concentrare le attenzioni del Paese sul fenomeno dell’immigrazione, ad esempio, piuttosto che su questo tema.

Ma come è avvenuta l’espansione? Dalla Chiesa sottolinea in particolare due aspetti del fenomeno: il ‘primato del piccolo’ e il fenomeno del confino o del soggiorno obbligato. Nonostante infatti questa misura sia molto spesso considerata necessaria per allontanare noti esponenti della criminalità organizzata dai loro territori originari, è stato proprio questo spostamento, accostato al fenomeno delle migrazioni interne, a provocare l’espansione delle mafie in zone di non originario radicamento. Per quanto riguarda il ‘primato del piccolo’, invece, Nando dalla Chiesa sottolinea i vantaggi di un’espansione della criminalità organizzata nei piccoli comuni: oltre alla maggior possibilità di rapporti intimi e personali con cittadini ed istituzioni vanno ricordati tra i vantaggi il silenzio della stampa locale e la facilità di elezione di propri esponenti in ambito politico ed istituzionale, per la quale sono sufficienti pochissime preferenze.

Il Procuratore aggiunto del Tribunale di Palermo esordisce invece con una frase allarmante: «il problema è che assistiamo alla presenza di una mafia sempre più civile e di una società sempre più mafiosa». Bisogna ricordare che la mafia non è più fenomeno delle classi subalterne bensì affare delle classi dirigenti: la borghesizzazione dei massimi esponenti della criminalità organizzata, infatti, rappresenta il principale cambiamento degli ultimi decenni, cambiamento al quale è necessario dare una risposta immediata. L’esempio di Ingroia al riguardo è molto chiaro: dopo l’arresto di Salvatore Lo Piccolo, il suo posto all’interno del mandamento è stato occupato da Liga, noto architetto degli alti borghi italiani. La soluzione sembra essere una soltanto: la politica repressiva e di contenimento non è più sufficiente, ma è necessario uno scatto morale da parte della società civile. Far coincidere il fenomeno delle mafie con il numero di latitanti da arrestare non fornisce un’esaustiva spiegazione del fenomeno, né lascia comprendere alla società il ruolo fondamentale che deve assumere nel contrasto alla mentalità mafiosa, un ruolo che Libera cerca di assolvere nel miglior modo possibile sui diversi territori italiani.

2 thoughts on “Dalla mafia tradizionale ai colletti bianchi

  1. Pingback:MAFIE AL NORD: NUOVE ESPANSIONI DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA – Presidio Giorgio Ambrosoli

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