La multinazionale del crimine. Radicamento ed espansione delle mafie a livello internazionale

di Camilla Cupelli

Nell’ambito del festival dell’Internazionale di Ferrara si è tenuto lo scorso 2 ottobre un incontro dal titolo “La multinazionale del crimine”, sul tema delle mafie internazionali. Ospiti del dibattito erano Tonio Dell’Olio, responsabile di Libera Internazionale, Enzo Ciconte, esperto di mafie italiane, Raffaele Cantone, magistrato calabrese impegnato nella lotta alla ‘ndrangheta, Federico Varese, criminologo e professore ad Oxford, Michele Curto, responsabile di FLARE (Freedom Legalità And Rights in Europe) e Pierluigi Stefanini, direttore di Unipol e Unipolis.

A dirigere l’incontro era Tonio Dell’Olio, che ha incalzato gli ospiti a far chiarezza per quanto riguarda i concetti di mafia e  mafiosità. È stato infatti Varese a definire tre diverse idee di criminalità organizzata, legati il primo al concetto di rete a livello imprenditoriale, il secondo alla nozione classica di mafia che investe i capitali guadagnati e l’ultimo all’espansione in territori limitrofi. Proprio da qui è partita la riflessione successiva di Cantone e Ciconte, che hanno focalizzato l’attenzione sulle zone di influenza delle mafie italiane a livello transnazionale: a partire dal Canada e dall’Australia, dove la camorra si è insediata negli anni Trenta senza dare nell’occhio, fino ad arrivare alla Scozia, teatro di affari lucrosi per il clan di Mondragone di Antonio La Torre, gli ospiti delineano uno scenario internazionale che vede le mafie italiane in prima fila. Ma, come si suol dire, pecunia non olet, ed è così che infatti è avvenuta la colonizzazione della criminalità organizzata di zone d’influenza sempre più ampie: senza arrivare all’altra parte del mondo, è proprio questo medesimo processo che ha portato al radicamento delle mafie al nord, di cui Ciconte parla nel suo libro ’Ndrangheta padana.

Ma il problema non è solo territoriale, bensì assume una dimensione economica globale di difficilissima risoluzione. È Stefanini a notare che le misure preventive per lo spostamento dei capitali all’estero finora adottate non sono affatto sufficienti a garantire alcun genere di sicurezza: oltre ad impedire lo spostamento massiccio di denaro contante non tracciabile sarebbe infatti necessaria una formazione puntuale al personale bancario mondiale. Varese ha spiegato come la nuova frontiera del problema economico legato alla criminalità organizzata passi attraverso il web, tramite l’uso di valute virtuali, non riconducibili a nominativi, che favoriscono lo sviluppo del cybercrime.

Ecco dunque il perché di una necessità legislativa a livello internazionale, che possa prevedere non solo l’esistenza del reato di associazione mafiosa in tutto il mondo, ma anche adeguate misure preventive ed un corpo di leggi dotato di misure necessarie sul tema della confisca e del riutilizzo dei beni confiscati. Mentre l’Italia fa passi indietro, infatti, a causa del Codice Antimafia da poco approvato, che sradica alcuni dei concetti cardine della lotta alla criminalità organizzata, in altre zone del Mondo si è riusciti ad attivare processi opposti: laddove Colombia, Guatemala e Serbia hanno già adattato la loro legislatura sul tema, l’Argentina sembra anch’essa prossima al cambiamento. Paradossalmente sembra più facile dialogare con i Paesi esterni all’Unione Europea che con i nostri presunti compagni di viaggio.

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