Memoria e impegno, il senso civile e sociale dell’arte

di Camilla Cupelli

Danilo Dolci: l’Arte della Non-violenza

«Fare presto è bene perché si muore». Cosi si sintetizza l’operato di Danilo Dolci, uomo straordinario che ha deciso di dedicare la sua vita all’aiuto dei piccoli paesini siciliani che soffrivano la fame negli anni ’70, promuovendo un nuovo metodo di lotta non violenta.

Lo spettacolo delle compagnie teatrali Orme e Camaleonte, tenutosi a Scandicci il 22 luglio in occasione del Raduno Nazionale dei Giovani di Libera, ha messo in luce la portata rivoluzionaria dell’impegno di Danilo Dolci attraverso l’arte del teatro. In uno scenario spoglio, gli attori si muovono utilizzando il proprio corpo per trasmettere il significato dell’impegno non violento di Danilo. Il coro è un momento rappresentativo delle donne del paese, d’impatto è la scena della morte del piccolo Benedetto, un altro ancora dei volontari cambia in continuazione le carte in tavola. «Tra noi c’è un mondo di condannati a morte da noi» dice proprio il coro, riferendosi ad una umanità intera che troppo spesso gioca a creare vite di serie A e vite di serie B.

Il metodo di protesta di Danilo Dolci fu rivoluzionario per la sua portata non violenta: «Lo sciopero all’incontrario, il digiuno volontario sono metodi non violenti di lotta che hanno portato Danilo in carcere più volte, ma lo hanno anche reso un esempio di dissenso democratico per il nostro paese» dice la regista Pietra Selva Nicolicchia. Quando Danilo seda gli istinti non violenti della rivolta, momento rappresentato sul palco dal suo urlo «non così!”», dimostra la forza delle richieste di quel pezzo d’Italia troppo spesso dimenticato, rivelando l’efficacia dell’arte e della cooperazione.

Sola: Una “picciridda” senza Borsellino

«Sola.Sola.». Queste parole risuonano come il boato di una bomba nel mezzo della piazza principale di Scandicci. Il 26 luglio i giovani del Raduno Nazionale di Libera hanno sfilato per le vie del paese ricordando alcune vittime di mafia, per approdare nella piazza in cui le compagnie teatrali Orme e Camaleonte hanno messo in scena lo spettacolo Picciridda. La storia è quella di Rita Atria, una giovane donna che ha scelto di raccintare la sua famiglia e denunciare la mafia, ma alla morte di Borsellino è rimasta completamente sola. Lo spettacolo è un gioco di parole e colori, che rimbalzano in una cittadina attonita di fronte ad un dolore insanabile. Nel cuore degli spettatori resta la scena finale con il funerale di Rita: uno di quei funerali di cui il nostro Stato dovrebbe vergognarsi, al quale mancavano le autorità, mancava la madre, mancava il coraggio di un prete che durante la messa funebre non ebbe la forza di accusare la mafia della morte di un’altra innocente. Ed ecco che le forti emozioni inscenate sul palco, orchestrate dalla regista Pietra Selva Nicolicchia, si riversano nella coscienza del pubblico suscitando empatia verso una storia troppo spesso dimenticata nel nostro paese. «Il nostro scopo è quello di unire memoria e impegno attraverso l’arte» dice Pietra «proviamo a farlo con il nostro corpo, raccontando storie positive, che siano un esempio, per non dimenticare mai quello che è stato e trovare la forza di cambiare il futuro». Di certo l’aria che si respira in questa piazza promette bene.

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