Nomi, cognomi e infami: il teatro di protesta di Cavalli

La storia della mafia in Italia con gli occhi dell’autore lodigiano

di Camilla Cupelli

«Quando hanno arrestato Provenzano, nel suo bunker alla Collina dei Cavalli hanno ritrovato delle musicassette: una con la colonna sonora de “Il Padrino”, l’altra con la colonna sonora dei puffi». Così Giulio Cavalli decide di raccontare l’arresto di uno dei più importanti boss mafiosi mai finiti in manette nel nostro Paese. L’autore-attore orginario di Lodi è da sempre impegnato nel teatro civile, e collabora da anni con l’associazione antimafia Libera. Per questo motivo la sera del 15 luglio si esibisce a Boves, piccola cittadina nel cuneese, in occasione del XII campo di formazione dell’associazione torinese Acmos, portando in scena uno dei suoi più noti spettacoli teatrali: “Nomi, cognomi e infami”.

Lo spettacolo è privo di scenografia, mancano gli attori, non c’è gioco di luci, ma soltanto un “arlecchino” che racconta la storia del nostro Paese denunciando infiltrazioni mafiose e collusioni che incollano il pubblico alle sedie. Cavalli ha deciso di iniziare a raccontare le storie di mafia dopo aver incontrato a Gela il sindaco Rosario Crocetta, ed essersi accorto che l’unico modo per screditare le mafie è quello di prenderle in giro, di far ridere le “loro” piazze alle loro spalle. E così è partito dalla riscrittura del rito della “punciuta”, la cerimonia ufficiale di affiliazione alle organizzazioni criminali, raccontando la storia di Totò Nessuno (ogni riferimento a persone reali in questo caso è puramente voluto), per far ridere le piazze siciliane dei potenti che hanno in mano le nostre vite.

La scena più toccante dello spettacolo si concentra sulla vicenda di Bruno Caccia, procuratore torinese ucciso dalla ‘ndrangheta il 26 giugno 1983. A lui oggi è dedicata la cascina confiscata ai Belfiore, mandanti dell’omicidio, che si trova a San Sebastiano Po. In questo caso l’ironia si attenua, lasciando spazio a sottili giochi di parole che rivelano forte inquietudine e rabbia.

Ma Giulio Cavalli non è soltanto uno scrittore ed un attore, è anche un consigliere regionale in Lombardia. Ecco perché, conclusosi lo spettacolo, la discussione si sposta sul piano dell’impegno nelle istituzioni: per dimostrare che un pezzo di società è corrotta, occorre che coloro i quali sono saldi nei loro principi portino questi valori all’interno della politica. Cavalli non esita ad asserire che l’incontro tra il mondo civile e quello politico è necessario, e che senza essersi messi in gioco personalmente difficilmente il cambiamento sarà possibile. Anche perchè come spiega Cavalli «è possibile fare poesia anche facendo politica».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *