Domodossola, operazione “Nuovo potere”: gli affari non hanno famiglia né dimora

di Giulia Rodari

«Il nuovo potere non ha famiglia» sono le parole registrate durante un’intercettazione telefonica e che il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, ha utilizzato per spiegare come le ‘ndrine Zavettieri e Pangallo-Maesano-Favasulli abbiano invertito rotta al fine di soddisfare gli affari.
Infatti, i due clan che fino alla fine degli anni ’90, durante il periodo noto come la Faida di Roghudi conclusosi dopo oltre 50 vittime, erano in contrapposizione hanno accantonato il passato per un futuro di collaborazione nelle zone di Roccaforte del Greco e Roghudi (RC).

Le indagini a riguardo iniziano nel 2004, in seguito a un tentato omicidio e alle dichiarazioni di un pentito, e prendono il nome di operazione “Nuovo potere” .

È la notte del 13 gennaio 2010 quando parte il blitz coordinato dalla DDA di Reggio Calabria che porta all’emissione da parte del GIP di 27 ordinanze di custodia cautelare, di cui 25 in carcere. Le accuse sono di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsione, controllo del territorio e degli appalti pubblici, traffico di armi e di stupefacenti.

Secondo le dichiarazioni delle forze dell’ordine, gli ambiti di attività si sono estesi al nord Italia e, tra questi, alla provincia del Verbano-Cusio-Ossola dove “la cosca avrebbe beneficiato di collegamenti nella Val d’Ossola e trafficava armi acquistate in Svizzera”.

Nella lista dei soggetti posti sotto ordinanza di custodia cautelare in carcere figura anche il nome di Bruno Pizzi (cl. 1963), impresario edile e all’epoca dei fatti amministratore unico della Frantossola Srl di Vogogna (VB), impianto di smaltimento di materiale inerte autorizzato dalla provincia. Nonostante la compagnia carabinieri di Melito Porto Salvo (RC) dichiari che le accuse rivoltegli sono di traffico sistematico e organizzato di armi e stupefacenti tra la Svizzera, Domodossola e il sud Italia, oltre a concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso, viene rilasciato qualche giorno più tardi.

Dopo un lungo periodo di silenzio, si annuncia che all’udienza preliminare dell’operazione “Nuovo potere” di dicembre 2010 gli imputati saranno 68; tra questi, oltre a Bruno Pizzi, compaiono i nomi di altri due residenti ossolani, Francesco Ferraro, 46, e Luigi Leone Iofrida, 46.

Generalità note già dai precedenti episodi di cui è stata protagonista la zona dell’Ossola negli anni ’90, durante l’operazione “Asso”, ultima conclusasi con l’arresto di decine di persone con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso; molte furono assolte dal Tribunale di Verbania a conclusione del processo di primo grado. Durante il blitz furono arrestati anche Francesco Ferraro, Bruno Pizzi e Luigi Leone Iofrida, allora latitante nativo di Roghudi, che con gli altri erano accusati di essere in «possesso di armi e droga ma anche attivi nel campo dell’estorsione e degli appalti». Nel 2003 la Corte di Appello di Torino ridusse la condanna per Bruno Pizzi a 1 anno e 2 mesi per detenzione e porto illegale di armi da sparo.

Ma, chiuso un capitolo, se ne apre un altro. È fine aprile quando il sostituto procuratore distrettuale antimafia, Antonio De Bernardo, comunica le pene richieste per 39 persone coinvolte nell’ambito dell’operazione “Nuovo potere” e processate con la formula del rito abbreviato. Vanno dai 2 ai 18 anni di reclusione e i domesi sono presenti nella lista: 8 anni ciascuno per Francesco Ferraro e Luigi Leone Iofrida, 9 anni e 4 mesi con 30’000 € di multa per Bruno Pizzi.

Ultimo appuntamento dell’iter giudiziario la giornata ieri, 5 maggio, in cui sono avvenuti gli interventi degli avvocati difensori mentre i prossimi saranno il 19 maggio con l’udienza per gli imputati che hanno scelto la formula del rito ordinario e il 29 settembre per i restanti a piede libero.

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